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Cuori in fiamme

In Alto Adige si consuma ogni anno una tradizione, nata in Tirolo, che risale alla fine del ‘700. È la festa cattolica del “Sacro cuore di Gesù” che prevede per la notte del Corpus Domini, l’accensione di enormi fuochi, a forma principalmente di cuore, in varie zone montagnose della provincia di Bolzano. Nel corso degli anni, anche recentissimi, questi falò sono diventati anche occasione di protesta e usati a scopo politico.

Mentre la Parola di Dio non ci dice nulla del cuore di Gesù collegato al fuoco, sono varie le volte che ci parla di cuori che ‘ardono’, che hanno come un fuoco dentro. Una espressione idiomatica che indica fervore, forte emozione o passione.

Troviamo allora che il re Davide, sofferente perché obbligato in qualche modo a tenere a freno il suo dire, probabilmente un replicare a chi lo accusava ingiustamente, per non rischiare di peccare con la sua bocca (Salmo 39:1-2). Ma a un certo punto queste parole a lungo represse bruciano dentro di lui e devono uscire: Il mio cuore ardeva dentro di me; mentre meditavo, un fuoco s’è acceso; allora la mia lingua ha parlato (Salmo 39:3).

Anche il profeta Geremia si è trovato in una situazione in cui non avrebbe più voluto annunciare al popolo quello che Dio gli aveva invece ordinato di dire. Anche lui ha provato a reprimere quel messaggio, a tacere, ma la parola di Dio in lui faceva ardere il suo cuore, al punto di non poterla più contenere: Se dico: «Io non lo menzionerò più, non parlerò più nel suo nome», c’è nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzo di contenerlo, ma non posso (Geremia 20:9).

Uomini di Dio che hanno visto i loro cuori infiammarsi per un messaggio che invece di essere represso, andava esposto, proclamato. Del resto, come Dio stesso dirà a Geremia: «La mia parola non è forse come un fuoco», dice il SIGNORE, «e come un martello che spezza il sasso? (Geremia 23:29). Un fuoco che mette a nudo quello che c’è nel cuore dell’uomo, che penetra nelle sue parti più profonde (Ebrei 4:12).

Ma arriviamo a Gesù. Era risorto e in una delle sue apparizioni prima di risalire al Padre, incontra sulla via che da Gerusalemme porta a Emmaus due discepoli che discutevano tra di loro della recente morte del loro Maestro (leggiamo l’episodio in Luca 24:13-35). Gesù, non riconosciuto in quella che era la sua sembianza dopo la resurrezione, parlò ai due affranti e disorientati discepoli di come fosse assolutamente necessario che lui desse la sua vita per la salvezza degli uomini (v. 25-26) e quindi “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (v. 27). Una vera lezione di storia biblica fatta dal Maestro in persona, un excursus di tutto quello che nel corso di molti secoli l’Antico Testamento aveva detto di Gesù, annunciando in vario modo quello che sarebbe poi avvenuto in quei giorni. E quelle parole fecero breccia nei loro cuori, facendoli ‘infiammare’ di passione e amore per quel Gesù, risorto e vittorioso sulla morte, che avevano davanti: Ed essi dissero l’uno all’altro: «Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentre egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?» (Luca 24:32).

Gesù poteva semplicemente manifestarsi e farsi riconoscere. Non sarebbe bastato dimostrare che colui che era stato ucciso e sepolto, era ora lì, vivente davanti a loro? Ma Gesù ha voluto usare le Scritture per far capire quale era il suo ruolo nella storia, da prima della fondazione del mondo, fino a quel momento. Ed è stata quella parola scritta, quell’annuncio del messaggio divino, a far ardere il cuore dei discepoli.

Lasciamoci infiammare anche noi il cuore dalla Parola di Dio, ardere di passione per il suo Autore e lasciare poi che la nostra bocca parli, annunciando e condividendo un messaggio così potente da accendere e illuminare i cuori.


 
 
 

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