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Gli esami non finiscono mai (seconda parte)

Ricordo ancora l’ultimo giorno di scuola alle superiori. Pensavo che sarei stato felice, dopo tanti anni di studio, di sentire quell’ultima campanella e che sarei corso giù per le scale saltando di gioia. Non fu così. Non solo perché c’erano ancora degli esami da fare, ma soprattutto perché capivo che era finita un’epoca e che, qualunque cosa avrei fatto dopo, certe cose non sarebbero più tornate. Fu con questo spirito, un po’ abbattuto, che affrontai quegli esami. Altri ne sarebbero seguiti, ben più importanti.

Anche l’apostolo Pietro deve aver pensato che nulla sarebbe stato più come prima, quando dopo la morte e la resurrezione di Gesù, questi scomparve ai loro occhi. Erano finiti tre anni incredibili, i tre anni che avrebbero cambiato non solo la sua vita, ma da lì in poi il mondo intero. Aveva, insieme agli altri discepoli, vissuto e viaggiato con Gesù, aveva ascoltato i suoi insegnamenti, lo aveva visto all’opera, fu testimone di tutti i suoi miracoli… Fu sconvolto dal suo arresto e sperimentò la sconfitta personale, quando si trovò a rinnegare per ben tre volte di conoscere quel Gesù per il quale, fino a poche ore prima, aveva dichiarato di essere pronto a combattere e morire (Giovanni 18:10-11; Matteo 26:69-75). Sì, quell’esame lo aveva fallito, ed ora le sue erano lacrime amare.

Ma poi venne la resurrezione, una gioia incontenibile. Ma quando Gesù si ritirò da loro, ecco che un senso di vuoto deve aver riempito il suo cuore. Pensò che veramente niente sarebbe stato come prima e quindi tornò alla sua vecchia vita, a fare il pescatore su quello stesso lago dove tre anni prima Gesù lo aveva invitato a seguirlo per farlo diventare “pescatore di uomini” (Marco 1:17-18).

Nel brano di Giovanni 21:1-14, che invitiamo a leggere, ci viene raccontato della nuova apparizione di Gesù a Pietro e altri quattro discepoli, in una scena del tutto simile a quella di tre anni prima. Era tutto veramente come allora? Stesso lago, stesso lavoro, stessa situazione. I pescatori di uomini sono quindi tornati a fare i pescatori di pesci? Sembra che il “vado a pescare” di Pietro sia detto con rassegnazione o come frastornato da tutti gli eventi di quei tre anni e, particolarmente, di quelle ultime settimane, come per dire ‘che altro posso fare?’. Anche il “veniamo anche noi con te” dei suoi compagni, sembra un misto di rassegnazione e di liberazione da una situazione ‘pesante’. Eccole qui le future ‘colonne’ della chiesa primitiva! Pietro e Giovanni, con Giacomo e gli altri, vecchi compagni di lavoro, tornati a pescare pesci… Ma la pesca, come quella notte di poco più di tre anni prima, risulta infruttuosa. Immaginiamoci come potevano sentirsi i discepoli, come poteva sentirsi Pietro, con ancora addosso il peso del suo rinnegamento. E come potevano tutti insieme, pensare ancora una volta a come erano vere le parole di Gesù: “senza di me non potete fare nulla” (Giovanni 15:5)!

Ma ecco Gesù presentarsi sulla riva, mentre loro sono ancora un centinaio di metri dentro il lago. Dapprima non lo riconoscono (la distanza? la luce non ancora piena? il fatto che Gesù, dopo la resurrezione era, in qualche modo, diverso?), ma poi quell’ordine, già sentito tre anni prima: “Gettate la rete”. Ed ecco una nuova pesca miracolosa, tanto prodigiosa che non riuscivano quasi più a tirare su la rete. Era il Signore, non c’erano più dubbi, non c’era nemmeno bisogno di chiederlo. Pietro gli corre incontro, con impulsività, come sempre. Che emozione, che turbine di sentimenti… Mangiarono del cibo procurato, preparato e offerto da Gesù. Aveva provveduto veramente a tutto! Poi... Quand’ebbero fatto colazione, Gesú disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami piú di questi?» (Giovanni 21:15).

Eccoli, faccia a faccia, Gesù e Pietro. Anzi, Gesù e Simone di Giovanni (o Giona), il vero nome di quel pescatore, prima dell’incontro con il Messia. Un po’ meno Pietro, cioè meno 'pietra' (o, meglio, ‘roccia’)…

La domanda di Gesù è diretta, non lascia spazio ad equivoci. “Simone, mi ami più di questi?”. Eccolo il nuovo esame per Pietro, davanti al suo esaminatore, colui che ha dato la sua vita anche per lui, che gli aveva dato una nuova vita e un ruolo particolare, dopo anni di scuola passati con lui ad ammaestrarlo. Ora era il tempo dell’esame, non con una lunga sequela di domande, ma con una sola, fondamentale, domanda: mi ami?

Come supererà l’esame il nostro Pietro? Saprà rispondere in maniera adeguata, dimostrando di aver capito la lezione di quegli anni passati con Gesù? E, cosa rispondiamo noi oggi a un Gesù che ci pone la stessa domanda? (continua).


 
 
 

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