Gli esami non finiscono mai (terza parte)
- evangelicibz
- 12 giu 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Per rispondere bene alle domande di un esame abbiamo fondamentalmente bisogno di due cose: aver studiato e aver capito le domande. A cosa si riferiva Gesù quando disse a Pietro “mi ami più di questi?”. Più di ‘questi’ chi? Forse voleva dire “mi ami più di quanto mi amano questi che sono qui con te?”. Pietro si era chiaramente sbilanciato in questo senso, ponendosi in una posizione diversa, superiore, rispetto agli altri: “Quand’anche tu fossi per tutti un’occasione di caduta, non lo sarai mai per me” (Matteo 26:33). Solo che fra quella dichiarazione e questa domanda, c’era stato il triplice rinnegamento. Anche gli altri si erano dichiarati pronti a morire per lui (Matteo 26:35), e invece erano fuggiti, ma almeno non lo avevano pubblicamente rinnegato.
Forse Gesù voleva dire “ami tu questi che sono qui con te, più di quanto ami me?”. Era di nuovo lì, con i suoi vecchi amici e compagni, ora anche fratelli nel Signore. Avevano condiviso tante cose insieme, in quegli incredibili anni, talvolta anche sbagliando. Esperienze così, nel bene o nel male, uniscono, fanno crescere l’affetto gli uni verso gli altri. E forse l’affetto per persone così, fa passare quello per il Signore in secondo piano.
Forse la domanda era un po’ la somma delle due e poteva anche includere il senso di “mi ami più di quanto ami queste cose?”. La barca, il suo lavoro, il lago dove lavorava. In fin dei conti era lì che viveva, lì aveva la sua famiglia, le sue cose, i suoi affetti. Cose sicure, rassicuranti. Non sarà stata la miglior vita possibile, ma era una vita più ‘normale’, più stabile. Forse si ricordò di quanto aveva detto tempo prima, proprio a Gesù: “Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito” (Matteo 19:27). Forse ora il prezzo sembrava troppo alto, adesso che Gesù non era più, fisicamente, con loro. O almeno, la delusione di quanto aveva fatto con il suo rinnegamento, era stata così forte, che era meglio tornare alle vecchie, amate cose di sempre.
Qualunque sia stato il senso della domanda di Gesù, Pietro doveva questa volta pesare la risposta, cercarla nel profondo del cuore. E così fece: “Egli rispose: «Sí, Signore, tu sai che ti voglio bene».” (Giovanni 21:15). Pietro risponde con un "ti voglio bene" (dal greco fileô) che è, se non qualcosa di meno, per lo meno qualcosa di diverso da quell’amore (dal greco agapaô) di cui parla Gesù. Pietro non lascia più spazio alle sue ‘sparate’ impulsive, lascia che siano il cuore e la conoscenza del Signore a parlare. L’amore per il Signore c’è, innegabilmente, e si sente di dichiararlo, con umiltà.
L’esame però si fa serrato e Gesù ripete altre due volte la sua domanda e Pietro risponde ogni volta, in un turbine di sentimenti, mentre Gesù replica a ogni risposta: “Gesú gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?» Egli rispose: «Sí, Signore; tu sai che ti voglio bene». Gesú gli disse: «Pastura le mie pecore». Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: «Mi vuoi bene?» E gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene». Gesú gli disse: «Pasci le mie pecore.” (vv 21:15-17)
Tre volte la stessa domanda, quasi la stessa domanda. Tre volte la stessa risposta, quasi la stessa risposta. Tre volte la replica di Gesù, quasi la stessa replica. Non vogliamo qui ora sottolineare più di tanto tutte queste differenze, anche se hanno senz’altro il loro valore. Quello che è innegabile è che ci sia un collegamento con le tre volte in cui Pietro ha rinnegato Gesù.
Ogni qual volta Pietro risponde positivamente alla domanda di Gesù, questi gli conferma che la sua posizione è ristabilita, che è stato pienamente perdonato. Anzi, gli conferma che ha un lavoro per lui, che adesso non era solo pescare uomini, ma anche guidarli, proteggerli, farli crescere, uomini che sono pecore del Signore, come egli sottolinea ogni volta.
La terza volta che Gesù fa la domanda a Pietro è la più intensa. Gesù abbandona il “mi ami tu?” e passa, al “mi vuoi bene?” seguendo quello che Pietro gli aveva detto fino a quel momento. E la domanda colpisce duramente Pietro. Sta veramente arrivando nella profondità del suo cuore e si affida completamente al discernimento e all’onniscienza di Gesù. Aggiunge al verbo ‘sapere’ (greco oida) il verbo ‘conoscere’ (greco ginôskô). I due verbi, pur essendo spesso usati come sinonimi, in un contrasto di questo genere indicano il primo una conoscenza di tipo intellettuale, mentre il secondo una più profonda, frutto dell’esperienza. Ora Pietro sa quale è la portata del suo amore per il Signore, quella vera, sincera non quella sbandierata impulsivamente. Soprattutto sa che Gesù la conosce perfettamente. E Gesù non gli chiede di più di quello che Pietro può offrirgli, ma gli conferma e amplia il suo mandato.
Inutile dire quanto queste cose che abbiamo letto ci possano e debbano fare riflettere. È qualcosa che riguardava solo Pietro, nella sua particolare esperienza, o che riguarda tutti noi? Credo che ognuno possa rispecchiarsi in alcuni aspetti dell’atteggiamento di Pietro. Forse non avremo il suo carattere irruente, ma certamente anche noi, se il Signore ha toccato il nostro cuore, ci siamo sentiti un po’ quel Pietro che dorme quando dovrebbe vegliare, che fa finta di non conoscerlo, che lo rinnega, che se ne torna ai suoi affari dimenticando forse che un appello, una chiamata gli è stata rivolta. Sicuramente anche noi ci troviamo a considerare di amare altre cose, altre persone, altre situazioni, più di Gesù.
L’esame, la domanda “mi ami tu?” non è quindi solo per Pietro. E la risposta spetta anche a noi, a ognuno di noi. Lo seguo io, lo amo io? Un esame con una sola domanda, che richiede una sola risposta. Sincera.

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