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La compagnia nella solitudine

Senza dubbio l’aspetto più sconvolgente di questa epidemia è stato il venire a sapere della morte dei propri cari senza averli potuti vedere, senza essere stati loro vicini negli ultimi giorni della loro vita. Il pensiero della loro solitudine, pur se in una struttura ospedaliera o in un centro per anziani e quindi con personale che li accudiva, lascia un pensiero doloroso che faremo fatica a dimenticare.

Quando stai male hai bisogno di aver vicino i tuoi affetti più cari, di poter comunicare con loro, se non altro almeno con gli sguardi o attraverso il semplice contatto di una mano. Questa condivisione del dolore è essa stessa terapia e sollievo per chi è nella sofferenza o in altre condizioni di estrema difficoltà.

L’apostolo Paolo ha sperimentato varie volte questa situazione di solitudine, di abbandono. Ne parla con il suo amato discepolo e compagno di missione Timoteo: Tu sai questo: che tutti quelli che sono in Asia mi hanno abbandonato. (2 Timoteo 1:15); Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n’è andato (2 Timoteo 4:10). In certe occasioni, anche davanti ad accuse false ed infamanti, si è trovato senza nessuno che prendesse le sue difese: Nella mia prima difesa nessuno si è trovato al mio fianco, ma tutti mi hanno abbandonato; ciò non venga loro imputato! (2 Timoteo 4:16).

Nulla però è paragonabile alla solitudine, all’abbandono delle persone più intime, che ha sperimentato Gesù. C’erano momenti in cui, nella sua profonda umanità, aveva espresso l’assoluto bisogno di avere qualcuno al suo fianco: Poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedete qui finché io abbia pregato». Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato. E disse loro: «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate» (Marco 14:32-34). In quell’occasione aveva chiesto ai suoi discepoli, alle persone a lui più vicine e con le quali aveva condiviso ogni momento di quegli ultime tre anni, di stargli vicino, di vegliare e pregare con lui e per lui, mentre lui avrebbe pregato suo Padre in quel tragico momento. Un momento in cui stava per caricarsi addosso tutto il peso del peccato di ognuno di noi. Ma ogni volta che si riavvicinava a loro li trovava che dormivano… (Marco 14:35-42).

Certo, Gesù lo sapeva e lo aveva anche annunciato: L’ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo… (Giovanni 16:32). Infatti, non solo rimase solo nella sua angoscia, ma anche al momento del suo arresto: Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono (Marco 14:50).

Solo, tradito e rinnegato dagli amici più intimi. Solo, con il senso di abbandono da parte del Padre che, per un terribile momento, guardava a lui come al peccato che andava giudicato, con un giudizio che ricadeva su di lui (Marco 15:34; Isaia 53:6). Solo, sulla croce.

Ma Gesù, “disprezzato e abbandonato dagli uomini” (Isaia 53:3), non era veramente solo. Rileggiamo fino in fondo Giovanni 16:32: L’ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Nonostante quel grido disperato, il Figlio sa della presenza del Padre, una presenza sofferta ma reale.

Anche Paolo, dopo aver dichiarato di essere stato lasciato solo, senza nessuno al suo fianco per difenderlo, dice: Il Signore però mi ha assistito e mi ha reso forte, affinché per mezzo mio il messaggio fosse pienamente proclamato e lo ascoltassero tutti i pagani; e sono stato liberato dalle fauci del leone. (2 Timoteo 4:17). Questa esperienza con il Signore, dopo la grande delusione dell’abbandono umano, lo fa anche pienamente confidare in Dio per il suo immediato e prossimo futuro: Il Signore mi libererà da ogni azione malvagia e mi salverà nel suo regno celeste. A lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. (2 Timoteo 4:18). Sapeva che il Signore non lo aveva abbandonato mai e mai lo abbandonerà.

Anche noi possiamo avere la garanzia della presenza in ogni circostanza di quel Signore a cui affidiamo la nostra vita. Prendiamo quindi anche per noi le parole rivolte da Dio a Giosuè, un uomo chiamato a guidare un popolo, spesso “dal collo duro” che facilmente lo avrebbe fatto sentire solo con la sua grande responsabilità: Io non ti lascerò e io non ti abbandonerò (Giosuè 1:5), Il SIGNORE cammina egli stesso davanti a te; egli sarà con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non perderti d’animo (Deuteronomio 31:8). Ringraziamolo di questo amore, di queste certezze, sapendo che, come dice il salmista: Qualora mio padre e mia madre m’abbandonino, il SIGNORE mi accoglierà. (Salmo 27:10)

Gesù ha vissuto la solitudine del tradimento e dell’abbandono, sotto un peso enorme, il carico dei nostri errori, dei nostri dolori (Isaia 53:4). E questo affinché nessuno di coloro che ha fede in lui debba più vivere solo, soffrire da solo, morire da solo. Mai più.


 
 
 

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