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Settanta volte sette. Il perdono come liberazione (seconda parte)

Chiunque abbia chiesto e ottenuto il perdono di Dio, sa quanto questo non abbia solo permesso l'accesso alla vita che ci è stata offerta in dono, ma anche di come ci abbia fatto stare bene, sia spiritualmente che emotivamente. Lo stesso avviene ogni volta che ci liberiamo dei pesi dei nostri errori chiedendo perdono a Dio, ma anche quando lo facciamo verso una persona che abbiamo o che ci ha ferito. Perché il perdono ha anche un'effetto curativo. Il perdono lena le ferite, calma il cuore, meglio e più a lungo di qualunque medicina o medico. Il perdono fa bene non solo all'altro che ne è il beneficiario, ma fa bene soprattutto a noi. Lasciando a Dio i pesi, i rancori e anche i desideri di rivalsa (Romani 12:19), se di tali ci fosse bisogno, ci liberiamo di uno stato d'animo che ci fa male spiritualmente, psichicamente e fisicamente.

Possiamo vedere spesso quanto il rancore, la rabbia, il risentimento, il desiderio di vendetta, faccia danni mostruosi nella vita degli uomini, anche dei credenti. E pensare che basterebbe dare fiducia a Dio, seguire i suoi metodi, chiedendo a lui la forza per viverli, per metterli in atto, per sperimentare uno dei tanti doni del suo amore. E uno dei tanti aspetti della libertà cristiana è anche quello di essere liberati da tutti quei sentimenti e quegli atteggiamenti che rovinano l'uomo da dentro.

Quindi, per contrasto, come il perdono è un'azione 'divina', che libera le persone che lo praticano, così il rifiuto del perdono è un'azione 'diabolica'. Leggiamo infatti: A chi voi perdonate qualcosa, perdono anch'io; perché anch'io quello che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l'ho fatto per amor vostro, davanti a Cristo, affinché non siamo raggirati da Satana; infatti non ignoriamo i suoi disegni. (2 Corinzi 2:10-11).

Satana non perdona. Egli accusa "giorno e notte" (Apocalisse 12:10). Se noi non perdoniamo colui che ci fa del male, rischiamo di essere invischiati nel suo gioco, di agire più secondo Satana che secondo Dio. Il figlio del maligno è quello che si vendica settanta volte sette (o settansette) (vedi Lamec in Genesi 4:24), cioè colui che non dimentica, che non perdona, che cerca sempre l'occasione per ottenere 'giustizia'. Il figlio di Dio invece perdona settanta volte sette (o settansette) (Matteo 18:22). Cioè, sempre.

Se invece non perdoniamo, siamo costantemente legati alla persona che avremmo dovuto perdonare. Siamo legati al brutto ricordo che le sua azioni hanno provocato e roviniamo per sempre il nostro rapporto con lui.

Il peccato lascia sempre un segno, a volte un segno permanente anche nei credenti, perché le conseguenze possono essere permanenti. Il perdono quindi non cancella sempre le conseguenze, ma cancella l'amarezza nel nostro cuore ed evita che si instauri un rapporto basato costantemente su sentimenti negativi. Sentimenti che frenano la nostra vita spirituale (perché rattristano lo Spirito che vive in noi - Efesini 4:30) e che potrebbero impedire la ripresa di colui che deve farsi perdonare.

Può anche succedere che noi siamo disposti a perdonare colui che ci ha provocato dolore e che quello però non accetti il nostro perdono, non si penta del male fatto. La situazione quindi non è risolta ai fini dello ristabilimento della comunione tra noi, ma io che ho perdonato, sono comunque un uomo libero dai legami a cui il non perdono mi teneva legato.

Ancora una volta possiamo e dobbiamo scegliere. Scegliere se vivere costantemente nell'amarezza e rovinare la nostra vita fisica, emotiva e spirituale o se cogliere l'opportunità che Dio ci dà di essere simili a lui, perdonando e quindi essendo pienamente liberati dalla prigionia dei cattivi sentimenti.

Impariamo quindi un altro dei tanti aspetti della libertà che Dio vuole offrirci e cosa voglia dire ancora: Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi. (Giovanni 8:36).


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