Tutti uguali. O forse no.
- evangelicibz
- 8 giu 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Fra le tante cose che abbiamo capito durante questa epidemia, c’è anche che i virus non conoscono classi sociali, poveri o ricchi, bianchi o neri, né latitudini. Un virus di questo genere può colpire chiunque allo stesso modo. Giusto, ma non sempre vero fino in fondo. Chi può permettersi una casa dove chiudersi in quarantena e mantenere la distanza sociale, avere mascherine, guanti e disinfettanti, ha sicuramente meno possibilità di essere contagiato di chi queste cose non le ha o non può permettersele. Chi ha un sistema sanitario efficiente e adeguato, magari gratuito, ha molte più possibilità di uscirne una volta contagiato. Chi ha un sistema economico-finanziario solido, ammortizzatori sociali, aiuti di vario genere, riuscirà a superare più facilmente la crisi scaturita dalla pandemia. Altri no.
Quindi siamo tutti nello stesso mare, ma non nella stessa barca. E la barca di molti fa acqua da tutti le parti e rischia di affondare più di altre. O ancora, per dirla con Orwell, nella sua parodia politica del libro La fattoria degli animali: "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
I recenti, ennesimi, scontri derivati dall’uccisione da parte della polizia americana di un cittadino di colore, hanno evidenziato come in un paese, per molti simbolo di democrazia, sia ancora radicato un serio problema di razzismo. Ma il problema non è solo americano. Chi più chi meno, ma ogni paese al mondo vive situazioni di discriminazione di vario tipo verso alcuni dei suoi cittadini. Troppo spesso il mondo viene diviso tra ‘noi’ e ‘loro’, solo per il colore della pelle, la provenienza o la classe sociale.
E stupisce che ci siano nazioni che, nonostante siano nate dall’immigrazione, o che hanno beneficiato in maniera fondamentale del lavoro degli immigrati, o che abbiano vissuto sulla propria pelle la difficoltà di essere immigrati in paesi spesso ostili, dimentichino in fretta tutto questo e discriminino gli altri solo perché vengono da posti diversi, o perché hanno un colore della pelle che non è uguale al loro.
La Parola di Dio, talvolta usata come un'arma e sbandierata impropriamente, ha un insegnamento ben chiaro, in particolare verso lo straniero: Vi sia un’unica legge per il nativo del paese e per lo straniero che soggiorna in mezzo a voi»… Non maltratterai lo straniero e non l’opprimerai, perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Non opprimere lo straniero; voi conoscete lo stato d’animo dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d’Egitto… Ci sarà una stessa legge e uno stesso diritto per voi e per lo straniero che soggiorna da voi… Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso (Esodo 12:49; 22:21; 23:9; Numeri 15:16; Levitico 19:34). Stessi diritti, stessi doveri, stesso trattamento.
Ma è in Cristo che le differenze sociali e quelle, impropriamente chiamate ‘razziali’, si annullano totalmente: Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù (Galati 3:28; vedi anche Colossesi 3:11; Romani 10:12-13).
Di fatto, c’è una sola reale differenza agli occhi di Dio: quella tra chi crede e chi no. E non c’è discriminazione in questo, perché l’avere fede in Dio è una scelta libera e personale, che tutti possono fare, e la sua salvezza è offerta a tutti, senza riguardi personali di nessun tipo.
No, nessuno, in Cristo, si deve sentire straniero o diverso da altri, perché è membro di una unica famiglia spirituale che non ha colori né confini.
Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio (Efesini 2:19). Benvenuti in famiglia, “gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione” ! (Apocalisse 5:9).

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