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Affetti stabili

Il nuovo decreto del presidente del consiglio dei ministri delinea le linee guida per la fase 2, quelle da attuare dopo il 4 maggio. Tra i vari articoli c’è quello che stabilisce che ci si potrà spostare «per incontrare congiunti». Questo ha provocato un certo sconcerto, visto che non è ben chiaro cosa si intenda oggi per congiunti. Il governo ha quindi dovuto precisare che si tratta di «parenti, affini, coniugi, conviventi, ma anche fidanzati e affetti stabili». Ma anche questa precisazione non ha risolto l’inghippo. Il Corriere della Sera del 27 aprile infatti titola un suo articolo così: “Coronavirus e fase 2, il pasticcio sui «congiunti»: sì a incontri con affetti stabili. Ma nessuno sa cosa siano”.

Se ora ognuno di noi dovesse definire cosa sono i suoi “affetti stabili”, cosa direbbe, chi indicherebbe? Pensiamoci bene, non diamo una risposta di getto. Chi sono i nostri affetti stabili, quelli che rimangono punti fermi nella nostra vita, che non vengono meno con il mutare delle circostanze?

A chi ci rivolgeremmo se avessimo bisogno di aiuto, di conforto, ma anche di perdono per un errore fatto? Da chi andiamo per sfogarci, su quale spalla andiamo a piangere, certi di ascolto, sostegno, consiglio? Sappiamo su chi potremmo contare tra uno, cinque o dieci anni? Insomma, qual è l’affetto stabile della nostra vita?

In un periodo storico in cui vediamo le relazioni familiari e di coppia disgregarsi, dove gli amici veri non li puoi definire tali finché non ti trovi in qualche disgrazia e scopri se sono ancora lì o meno, abbiamo un disperato bisogno di qualcosa di più stabile.

Se abbiamo fatto di Dio un nostro affetto stabile non resteremo delusi (Salmo 22:5; Romani 10:11), perché “ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento” (Giacomo 1:17). Un Padre che non cambia e l’amore del Figlio che rimane costante: Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno (Ebrei 13:8).

Gesù aveva le folle che lo seguivano. Volevano vederlo operare miracoli, ricevere guarigione, essere sfamati. Ma poi, quando le sue parole colpiscono diritto al cuore, qualcuno inizia a ritirarsi. Nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni vediamo proprio questo sfoltimento che si fa sempre più evidente: prima c’era un “gran folla” che lo seguiva (6:2); poi, dopo aver assistito a un grande miracolo e essere stati sfamati, qualcuno si deve essere sentito soddisfatto e solo una parte di quella grande folla rimane (6:22); dopo aver parlato nella sinagoga di Capernaum, anche “molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andarono più con lui” (6:66). Evidentemente per quella gran folla iniziale Gesù non era un affetto stabile, ma solo un elemento di intrattenimento o utile per qualche situazione di bisogno. A quel punto rimasero solo i suoi più intimi discepoli, ai quali Gesù si rivolge: Perciò Gesù disse ai dodici: «Non volete andarvene anche voi?» (6:67). Era il momento per i dodici di stabilire se Gesù era un affetto stabile della loro vita, uno sul quale avrebbero fatto sempre affidamento anche quando diceva qualcosa che facevano fatica a capire. La risposta di Pietro fu meditata ma allo stesso tempo decisa e assoluta: Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna! (6:68).

Dove ce ne andremo noi? Da quali affetti stabili? Il Signore è lì, immutabile nel suo amore e nella sua volontà per noi: La volontà del SIGNORE sussiste per sempre, i disegni del suo cuore durano d’età in età (Salmo 33:11); Ma la bontà del SIGNORE è senza fine per quelli che lo temono, e la sua misericordia per i figli dei loro figli (103:17). A coloro che lo amano e che egli ama, promette amore eterno: Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà (Geremia 31:3).

Il suo affetto è stabile e sicuro. Rispondiamo con un amore che dimostri fiducia in colui che ci ama in questo modo, che non si dimentica e non si dimenticherà mai di noi.

Una donna può forse dimenticare il bimbo che allatta, smettere di avere pietà del frutto delle sue viscere? Anche se le madri dimenticassero, non io dimenticherò te (Isaia 49:15).


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