Nel giro di pochi giorni sono partiti due razzi diretti su Marte e un altro partirà il 30 luglio. Emirati Arabi, Cina e Stati Uniti si sfidano nella ricerca dei misteri del pianeta rosso e dei suoi possibili utilizzi. Interessanti i nomi dati ai razzi, rispettivamente Al-Amal ‘speranza’, Tianwen ‘domande al cielo’ e Perseverance ‘perseveranza’.
Veramente si deve andare su Marte, perseverando dopo le precedenti missioni, nella speranza di trovare in quei cieli le risposte alle nostre domande?
Da sempre l’uomo si interroga su cosa ci sia in quell’immenso spazio infinito e non certo solo per scopi scientifici o di sfruttamento di risorse, come si sta cercando di fare ora. Dopo aver sondato il cielo atmosferico (la biosfera), e iniziato a raggiungere i primi estremi del cielo siderale (lo spazio astrale), l’uomo, ieri come oggi, dovrebbe imparare a conoscere il cielo spirituale, da cui tutto ha avuto origine e a cui tutto tende.
Quel Dio che “ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta” (Ecclesiaste 3:11), invita a alzare lo sguardo per vedere quello che solo con gli occhi della fede si può contemplare appieno. Ma è un Dio che non si è lasciato senza testimonianza, non è rimasto nel suo cielo, lontano e inattivo. Colui che “Nel principio … creò i cieli e la terra (Genesi 1:1), colui che “che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c’è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano” (Isaia 42:5), entra in relazione diretta con l’uomo che ha posto al centro della sua creazione. Solo guardando a quello che Dio ha fatto, dovremmo capire che c’è un progettista dietro tutti questo: infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo percepite per mezzo delle opere sue (Romani 1:20). Ma il creatore dei cieli e della terra vuole interagire, avere un rapporto costante con la sua creatura. Purtroppo però troppo spesso l’uomo è stato sordo al richiamo di Dio: Il mio popolo persiste a sviarsi da me; lo si invita a guardare a chi è in alto, ma nessuno di essi alza lo sguardo (Osea 11:7).
Dio non si è limitato a mostrarsi attraverso la creazione, ma ha parlato con l’uomo, gli ha spiegato il suo piano per lui, la via da seguire per la salvezza eterna. E poi è sceso dai cieli e si è fatto uomo in Gesù, camminando e vivendo con noi. E morendo per noi. E rivivendo per noi. Gesù è poi tornato in quel cielo da cui è venuto e "si è seduto alla destra del trono della Maestà nei cieli" (Ebrei 8:1). Ma da quello stesso cielo ritornerà, come annunciato dagli angeli ai suoi discepoli: «Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo» (Atti 1:11).
L’uomo è arrivato sulla Luna, ha mandato propri mezzi su Marte e osservato altri pianeti del sistema solare, altre galassie. Ma non ha mai raggiunto il cielo di Dio, perché “Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell’uomo” (Giovanni 3:13). In lui, in Gesù e nella sua Parola, troveremo le risposte alle nostre domande, la fede in cui riporre la nostra speranza, perseverando, in attesa del suo ritorno, nel suo ascolto. Quindi, "Badate di non rifiutarvi di ascoltare colui che parla… dal cielo" (Ebrei 12:25).
Chi ho io in cielo fuori di te?
E sulla terra non desidero che te (Salmo 73:25)
A te alzo gli occhi,
a te che siedi nei cieli! (Salmo 123:1)
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