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Apprezzare le cose migliori

Dopo un lungo periodo di restrizioni ci apprestiamo a vivere una fase di maggiori libertà. Abbiamo più volte meditato su quanto questo lungo periodo avrebbe dovuto insegnarci quali sono le cose che veramente contano nella nostra vita. A sentire le interviste alla TV sembra però che quello che è mancato maggiormente sia stato il poter andare al bar, al ristorante, al cinema, allo stadio e il poterlo fare senza limiti e costrizioni. Insomma, fare le cose che facevamo prima. Ma siamo sicuri che siano queste, o altre simili, le cose migliori che possiamo aspettarci?

L'apostolo Paolo sentiva spesso il bisogno di pregare per coloro a cui, ispirato da Dio, scriveva le lettere che sarebbero poi andate a formare la gran parte di quello che noi oggi conosciamo come Nuovo Testamento. Erano preghiere sentite, spinte da un amore sincero verso i suoi interlocutori, uomini e donne con cui condivideva la stessa fede.

In una di queste prega così: E prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori (Filippesi 1:9-10a). C'erano tante cose buone che quelli della chiesa di Filippi potevano apprezzare. Vivevano in una cittadina ricca, con teatri in cui assistere a spettacoli e sport. I credenti poi avevano trovato nella fede in Cristo una speranza e una consolazione immensa. Ma Paolo pregava che il loro amore, per Gesù e per gli altri, abbondasse anche in una più profonda conoscenza e discernimento, per capire meglio quello che avevano in Cristo, al fine di apprezzare, tra le tante cose, quelle migliori. C'era ancora tanto da scoprire nella loro vita, tanto di cui appropriarsi, e non avrebbero dovuto accontentarsi di quello che il ricco mondo che li circondava poteva loro offrire. C'erano certamente tante cose negative, ma forse anche alcune buone, ma Paolo pregava affinché cercassero e dessero il giusto valore e quelle migliori.

Una preghiera simile Paolo la fa anche per gli Efesini, che vivevano in una delle tre città più importanti dell'Impero Romano, insieme a Roma e Alessandria. Erano credenti dalla fede sincera, vissuta, la cui eco si spargeva ben al di là dei confini della città, quelli per cui Paolo pregava (Efesini 1:15-16). Anche per loro chiede che possano avere una conoscenza più profonda di Dio (Efesini 1:17), spiegando però che questa conoscenza, questa consapevolezza delle ricchezze che avevano in Cristo, non era una cosa intellettuale, fatta solo di accumulo di informazioni, ma qualcosa che andava afferrata, fatta propria, con occhi diversi: egli illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, e qual è verso di noi che crediamo l’immensità della sua potenza. (Efesini 1:18-19).

Solo con gli occhi del cuore, di un cuore illuminato e rigenerato dall'amore di Gesù per noi, di un cuore che ha accettato questo suo amore, invitandolo a vivere in noi, possiamo vedere e apprezzare la pienezza della cose che ci ha donato.

Non accontentiamoci di meno di quello che Gesù ci vuole dare, né tantomeno di quello che di buono, o di presunto tale, il mondo può offrirci. Cerchiamo, troviamo e apprezziamo le cose migliori.



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