“Il caso Covid clinicamente non esiste; il Covid non esiste più, qualcuno terrorizza il paese” (Alberto Zangrillo, primario Ospedale San Raffaele di MIlano); “No, c’è ancora; no a messaggi fuorvianti” (Luca Richeldi, direttore di Pneumologia al Policlinico Gemelli di Roma e membro del comitato tecnico-scientifico che affianca il governo). Chi ha ragione? Dove sta la verità?
Questa è solo l’ultima diatriba in ordine di tempo, l’ultima uscita di una lunga serie di messaggi contraddittori su questo virus, fatta da persone che si presuppone siano molto competenti in materia. In mezzo ai litiganti ci sta il paese, ci stanno i malati e ci stiamo tutti noi singolarmente, che dobbiamo provare a capire a chi dare ragione, noi che non abbiamo le competenze medico-scientifiche per farlo. Un proverbio africano dice che quando due elefanti combattono, chi ci rimette è l’erba che calpestano...
Capiamo quanto sia difficile in questo mondo di fake news o di notizie che dicono una il contrario dell'altra, riuscire a capire dove sta la verità. Come abbiamo già ricordato nel post Alla fonte della (buona) notizia, quando però è in gioco la vita è fondamentale capire dove sta la verità.
Pilato doveva prendere una decisione riguardo a Gesù. Aveva il potere di condannarlo a morte o di liberarlo. Voci contrastanti si levavano dal popolo, c’è chi lo osannava come un re e c’è chi lo voleva morto, accusandolo di essere un ribelle e un bestemmiatore. Poi c’era la moglie di Pilato, turbata in sogno da quello che suo marito avrebbe dovuto fare. Pilato ascolta tutti e poi decide di ascoltare Gesù, di capire da lui cosa ha da dire a sua difesa. Ecco il breve colloquio, così come lo ritroviamo riportato nel vangelo di Giovanni: Allora Pilato gli disse: «Ma dunque, sei tu re?» Gesù rispose: «Tu lo dici, sono re; io sono nato per questo e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». Pilato gli disse: «Che cos’è verità?» E detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo colpa in lui. (Giovanni 18:37-38).
Ancora oggi moltissimi si interrogano su cosa sia di fatto la verità, facendo però in genere una distinzione tra verità soggettiva e oggettiva, tra verità relativa e assoluta.
La verità soggettiva dipende da quello che io ritengo essere vero, in base alla mia esperienza, conoscenza o scelta. Se faccio affermazioni del tipo “quello è il miglior cantante del mondo” o “questo è il più bel film mai fatto” è chiaro che sto facendo un'affermazione soggettiva e la mia verità non corrisponde necessariamente a quella dell’altro. Ci possono essere anche affermazioni di verità scientifiche che rientrano comunque nel soggettivo, perché non sostenute da prove inconfutabili, ma solo dalle conclusioni personali di chi le ha elaborate.
La verità oggettiva dovrebbe invece nascere proprio dal riscontro di qualcosa su cui nessuno può obiettare. Se dico “se metti la mano nel fuoco ti scotterai”, sto dicendo una verità oggettiva, frutto di un’esperienza comune, pienamente verificabile, come un calcolo matematico.
La verità relativa è spesso legata a determinate circostanze o punti di vista. Se dico che il bagno a casa mia sta in fondo a destra può essere una verità oggettiva, se tutti stiamo guardando nella stessa direzione, ma diventa assolutamente relativa se uno si trova in un’altra posizione della casa.
La verità assoluta viene in genere relegata a valori universali, collegati con la morale o, più spesso, con la religione. In questi ultimi casi, vista la mancanza di un riscontro oggettivo assoluto, molti tendono a negare la possibilità dell’esistenza stessa della verità assoluta. Si parla quindi al limite di ‘una’ verità piuttosto che parlare di ciò che è ‘la’ verità. Anzi, chi, nel campo della fede, parla dell’esistenza della verità assoluta, viene spesso tacciato di fanatismo, fondamentalismo o settarismo.
Notiamo questa ultima differenza anche nel discorso di Gesù e Pilato. Gesù dice: “sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. In tutti e due i casi la Parola di Dio mette l’articolo davanti al riferimento alla verità fatto da Gesù. Gesù non sta parlando di una verità qualsiasi, di qualcosa di soggettivo o di relativo, ma di qualcosa di assoluto.
La conseguente domanda di Pilato fa trasparire una probabile dose di ironia e/o profonda insicurezza: "Che cos’è verità?", dove verità è senza articolo. Per Pilato non solo non esiste una verità assoluta, ma ovviamente non riconosce nemmeno in colui che ha davanti uno che può dirgli qualcosa riguardo a un’eventuale verità assoluta. Pilato non vuole neanche ascoltare la replica di Gesù, ma “detto questo, uscì”, dove il tempo del verbo ‘uscire’ indica qui un’azione istantanea. Non lo trova colpevole di nulla, ma non vuole ascoltarlo oltre.
Domani riprenderemo da qui. Per ora, non usciamo in fretta come Pilato, non diamo per scontato che tanto nessuno può sapere o spiegarci cos'è verità, ma aspettiamo e cerchiamo di capire da Gesù stesso cos’è LA verità. Una fonte competente, possiamo fidarci.
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