Nel discorso di fine anno il presidente della Repubblica ha invitato i partiti, ma anche gli italiani tutti, a essere dei costruttori, a ricercare l’unità, l’interesse comune e non quello di parte.
Si deve costruire lì dove prima non c’era niente. Oppure proseguire quello che è stato interrotto, completando la costruzione lasciata a metà. O ancora, ricostruire quello che altri (o noi stessi) avevano distrutto o costruito male.
Al tempo di Esdra e Neemia buona parte del popolo di Israele era ancora in esilio. Nel 587 a.C. Gerusalemme era stata saccheggiata dai Babilonesi, molte abitazioni, le sue mura e il tempio distrutti. Una città in piena rovina, sia materiale che spirituale. C’era urgente bisogno di ricostruire quello che era stato distrutto, di rimettere in piedi mura e senso di appartenenza per un popolo piegato da molte prove.
Dio suscita vari suoi servitori, profeti e non, per esortare il popolo a mettere mano alla ricostruzione. Fa anche sì che vari re stranieri, a cui erano sottoposti, concedessero i permessi necessari al rientro a Gerusalemme, fornendo anche i materiali necessari alla ricostruzione. Un ‘recovery fund’ in piena regola, ma che doveva essere usato nel modo giusto.
In primo luogo, il popolo rientrato doveva essere consapevole che tutto questo avvenne non per merito loro, ma per concessione di Dio, trovando in questo forza e consolazione, senza venir meno all’impegno personale: Raccontai loro come la benefica mano del mio Dio era stata su di me e riferii le parole che il re mi aveva dette. Quelli dissero: “Sbrighiamoci e mettiamoci a costruire!” E si fecero coraggio con questo buon proposito (Neemia 2:18).
Poi ci voleva l’unità, la consapevolezza che solo il lavoro comune avrebbe permesso un risultato rapido e duraturo. E si misero a costruire le mura uno a fianco all’altro, famiglia per famiglia, dove il lavoro dell’uno si appoggiava, si integrava con quello dell’altro, si univa e cementava con quello del prossimo (Neemia 3). L’interesse personale, di parte, non avrebbe dovuto mai prevalere su quello comune, nell’illusoria convinzione che fosse importante solo il successo personale (Aggeo 1:4, 9).
Infine, si dovevano seguire di nuovo le istruzioni, modellarsi ad esse, ripristinando le priorità. La Parola di Dio fu dunque riscoperta, seguita e amata (Neemia 8).
Tutto questo portò a un risveglio, a un nuovo inizio, a una ripartenza, a una e vera e propria ricostruzione come popolo. Ma senza l’aiuto, il sostegno, l’incoraggiamento, la protezione di Dio, voluta e ricercata, questo non sarebbe stato possibile, visti anche i molti oppositori che tentarono in ogni modo di fermare l’opera, di dissuadere con ogni mezzo, dalla scoraggiamento e derisione (Esdra 4:4-5; Neemia 4:1-3), alle minacce (Neemia 4:11), alla maldicenza e falsità (Neemia 6:5-7).
Come i costruttori del primo tempio, hanno dovuto prima cercare il Signore, lasciarsi trovare da lui, e poi mettere mano ai lavori: Disponete dunque il vostro cuore e l’anima vostra a cercare il SIGNORE vostro Dio; poi alzatevi e costruite il santuario di Dio (1 Cronache 22:19).
L’opera giunse a termine, si ricostruirono le mura e il tempio, convinti che “Se il SIGNORE non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Salmo 127:1) e che “Certo ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Dio” (Ebrei 3:4).
Noi oggi non abbiamo mura e templi da costruire o da rimettere in piedi. Abbiamo però in molti casi cuori spezzati, animi appesantiti, menti confuse. Dio concede, a tutti coloro che credono in lui e decidono di seguirne le indicazioni e le esortazioni, di venire ad abitare non tra le mura di Gerusalemme o nell’edificio di un tempio fatto con mano d’uomo, ma nei cuori di ognuno, facendo di quelli la dimora dello Spirito Santo (1 Corinzi 3:16). Ecco, quello è il tempio che dobbiamo permettere a Dio di costruire dentro di noi se ancora non lo abbiamo fatto. Quello è il luogo che dobbiamo curare, lasciando che Dio ne faccia la manutenzione, ordinaria o straordinaria che sia, se qualcosa si fosse rotto dentro di noi nel frattempo.
Da parte nostra mettiamoci l’impegno, la volontà, il desiderio di costruire il nostro pezzo di muro e contribuendo all’edificazione di quello dell’altro. Siamo costruttori e non demolitori, collaboratori del Costruttore di cui seguiamo le istruzioni per la nostra e l’altrui vita.
Comments