Basta guardare una qualsiasi immagine di un paese in guerra, come quelle a cui assistiamo giornalmente da mesi o anni, per vedere come questa lasci dei segni ben visibili. Distruzioni ovunque, città e villaggi devastati, cimiteri (o fosse comuni) pieni, ferite sui corpi... Anche dopo anni, quei segni lasciano un ricordo indelebile di quello che è successo, mentre pian piano compaiono nuove costruzioni a rappresentare la rinascita.
Ci sono quindi segni che sono simbolo tangibile della malvagità dell’uomo, della sua voglia di distruggere. Ma ci sono talvolta anche segni che rappresentano il bene, ferite che dimostrano il proprio sacrificio a favore della pace. A volte i due segni coincidono.
Gesù ha portato nel suo corpo i segni del suo sacrificio, i chiodi nelle mani e nei piedi, la ferita nel suo costato, tutti ‘marchi’ della sua crocifissione. Quei segni visibili erano già stati profetizzati circa 1000 anni prima della sua morte in croce: Poiché cani mi hanno circondato; una folla di malfattori m’ha attorniato; m’hanno forato le mani e i piedi (Salmo 22:16). Quei segni dei chiodi sono rimasti anche dopo la resurrezione d Gesù, ed erano il marchio inconfondibile per farsi riconoscere dai discepoli increduli: Gli altri discepoli dunque gli dissero: «Abbiamo visto il Signore!» Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò»... Poi disse a Tommaso: «Porgi qua il dito e guarda le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente» (Giovanni 20:25, 27); Guardate le mie mani e i miei piedi, perché sono proprio io! Toccatemi e guardate, perché uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho io». E, detto questo, mostrò loro le mani e i piedi (Luca 24:39-40).
Quei segni erano ancora lì a testimoniare quello che Gesù aveva fatto. La sua vittoria sulla morte, vittoria offerta e condivisa da tutti coloro che credono in lui, non avevano cancellato quello che gli era stato fatto e quello che lui si era lasciato fare per noi.
Anche in cielo, dove Gesù è tornato dopo la sua resurrezione, lì, seduto sul trono nella sua gloria, sono ancora visibili i segni del suo corpo offerto per noi: Poi vidi, in mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, come immolato ... (Apocalisse 5:6). Gesù, “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1:29)... quel Gesù che, come profetizzò Isaia 700 anni prima, “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio...” (Isaia 53:7), ha nel suo corpo i segni dell’odio, del male dell’uomo, che sono diventati i segni del suo amore, del bene di Dio verso lo stesso uomo che ha mandato Gesù sulla croce.
Come il popolo che lo ha fatto condannare e uccidere un giorno lo riconoscerà e si convertirà a lui, "a colui che essi hanno trafitto" (Zaccaria 12:10), così dobbiamo fare tutti noi oggi verso colui che “è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità” sapendo che “il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti” (Isaia 53:5).
Guardiamo a quei segni e capiremo quello che è successo. Guardiamo a quei segni e capiremo quello che è stato fatto per ognuno di noi.
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