Non vi è mai successo che arrivasse a cena un ospite inatteso, magari autoinvitatosi? O una persona che qualcuno della nostra famiglia ha invitato senza averlo mai conosciuto prima? Di cosa si parlerà a tavola? Di sport, di politica, del tempo, di come va la scuola o il lavoro? In questo periodo probabilmente anche (o solo) di pandemia, vaccini, ecc.
Duemila anni fa dalle parti di Gerico, Gesù decise di autoinvitarsi a casa di un uomo che fino a quel giorno si era arricchito alle spalle degli altri, truffando sulle tasse che riscuoteva dal popolo. Ma quell’uomo, piccolo di statura, sentendo che Gesù passava da quelle parti, volle salire su un albero per vederlo, visto che non ci riusciva in mezzo a tutta quella folla (Luca 19:1-4). Curiosità? Desiderio di vedere chi era quel Gesù di cui parlavano tutti? O forse un interesse vero? Sta di fatto che l’iniziativa la prende Gesù: Quando Gesù giunse in quel luogo, alzati gli occhi, gli disse: «Zaccheo, scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua» (Luca 19:5). La reazione di Zaccheo è gioiosa e lo accoglie nella sua casa, mentre tutto il resto del popolo parlava male di Gesù e del suo invito ad andare a casa di un persona malvista, di un peccatore (Luca 19:6-7). Un'accoglienza che, per consuetudine, prevedeva anche la condivisione del cibo. Cosa si saranno detti mentre erano seduti a tavola? Cosa avrà chiesto Zaccheo a Gesù e, soprattutto, cosa avrà detto Gesù a Zaccheo? Il brano non ce lo dice, ma capiamo dalla reazione di Zaccheo che il discorso deve aver avuto a che fare anche con il con il suo problema, con le sue azioni, conseguenze del suo peccato (Luca 19:8). E che Gesù abbia visto che la confessione di Zaccheo dei suoi errori e il desiderio di porvi rimedio fosse un atto sincero di fede, come quello di Abraamo, lo si capisce benissimo dalle conseguenti parole di Gesù: Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche questo è figlio di Abraamo; perché il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto» (Luca 19:9-10).
Cosa faremmo noi se Gesù ci chiedesse di entrare a casa nostra? Di cosa parleremmo durante la cena? Ma, soprattutto, cosa ci direbbe Gesù? Ebbene, Gesù ci ha già invitato, ci invita costantemente, anche se siamo fra quelli che finora lo hanno lasciato fuori dalla porta della nostra casa: Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me (Apocalisse 3:20). Questo lo ha detto a una chiesa, quella di Laodicea, che però nella sua tiepidezza spirituale lasciava il Signore in cui diceva di credere, fuori dalla porta. Ma l’invito di Gesù è comunque pronto, anche per loro, anche per chi è molto lontano: io busso, tu ascoltami e fammi entrare e passeremo del tempo insieme, condivideremo la cena, e parleremo di te e di me, di quello di cui tu hai bisogno e che devi capire e di quello che io posso e voglio offrirti. Bussa, cerca ... e salva.
Ancora una volta, stiamo attenti al suo bussare alla porta del nostro cuore, della nostra vita. Cerchiamo per un attimo di zittire le altre voci per ascoltarlo. Lasciamolo entrare e lui entrerà. E sarà una 'cena' indimenticabile.
PS: Oggi è il post numero 200 da quando abbiamo dato vita a questo blog, venti mesi fa. Da allora in molti ci avete seguito e letto, alcuni quotidianamente, altri saltuariamente. Ma grazie a tutti per averci lasciato 'entrare' nelle vostre case e averci permesso di parlare di Dio, di Gesù, della sua Parola. Continueremo, con il suo sostegno, a bussare e a chiedervi ancora di far entrare, non tanto noi, ma colui che anche noi abbiamo lasciato entrare nella nostra vita, solo per merito della sua grazia. Ed è stata una 'cena' indimenticabile anche per noi, un tempo di condivisione comune che si rinnova ogni giorno.
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