“Dov’è l’agnello?” chiede Isacco a suo padre Abramo. La storia è conosciuta. Dio mette alla prova la fede di Abramo, non tanto per sé stesso, ma proprio per Abramo, affinché capisca fin dove può arrivare la sua fiducia in Dio. E lo fa con una richiesta pazzesca da fare a un padre: E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va’ nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò». (Genesi 22:2).
Abramo, immaginiamoci con che sentimento nel cuore, parte per salire verso il luogo designato al sacrifico, dove arriva il terzo giorno (22:3-4). Lo fa con la convinzione comunque di tornare, come confida ai suoi servi (22:5).
Ora tutto quello che serve per il sacrificio è pronto (22:6), la tensione sale, come le due invocazioni tra padre e figlio ci fanno capire, mentre arriva la domanda di Isacco: Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: «Padre mio!» Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov’è l’agnello per l’olocausto?» (22:7).
Ci siamo io e te, pensa Isacco, abbiamo quello che serve, ma dov’è l’agnello? La risposta di Abramo dimostra ancora una volta fiducia in Dio: Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto». E proseguirono tutti e due insieme. (22:8).
Abramo è convinto che, in quel terzo giorno, sarebbe stato Dio a procurare l’agnello, colui che doveva essere offerto in sacrificio al posto di suo figlio. La certezza di Abramo nelle promesse di Dio riguardo a una discendenza che sarebbe arrivata tramite Isacco (Genesi 17:19) è tale che, anche se suo figlio fosse morto, sapeva che “Dio è potente da risuscitare anche i morti” e che quindi lo avrebbe comunque riavuto “come per una specie di risurrezione” (Ebrei 11:19).
Ma ecco che arriva il drammatico momento, quello in cui si deve compiere questa offerta, quello in cui Isacco è sull’altare dell’olocausto e la mano di Abramo si sta per alzare contro il suo amato figlio, il figlio della promessa di una discendenza basata sulla fede (22:9-10).
Ed è in quel momento che Dio ferma Abramo (22:11-12) e gli provvede l’alternativa: un montone verrà offerto al posto di suo figlio (22:13). Con quel gesto di fede, di fiducia assoluta in Dio, Dio ribadisce ad Abramo la promessa di una discendenza (22:16-17) e che “Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce” (22:18).
Ma, visto che non un agnello ma un montone è stato sacrificato, la domanda di Isacco rimane in sospeso: Dov’è l’agnello? Dov’è quell’agnello che Dio avrebbe dovuto provvedere?
Passano circa 2000 anni da quel momento, fino a che, all’apparire di Gesù, Giovanni battista esclamerà: Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! (Giovanni 1:29).
La domanda rimasta sospesa per tutto quel tempo trova solo in quel momento la sua piena risposta. Non con un animale qualsiasi, nemmeno con quell’agnello ucciso al posto dei primogeniti d’Israele quando Dio istituì la Pasqua e “passò oltre” (questo il significato della parola ebraica per pasqua – pesach) vedendo il sangue sparso sul legno (Esodo 12:1-13); non quella soluzione temporanea, “perché è impossibile che il sangue di tori e di capri tolga i peccati (Ebrei 10:4), ma il sacrificio dell’unigenito Figlio di Dio, l’Agnello Gesù, che viene offerto nello stesso luogo, quella zona montuosa di Moria dove, secoli dopo Abramo, sarebbe sorta Gerusalemme (2 Cronache 3:1). Stesso luogo, ancora un padre e un figlio, ma questa volta il sacrificio è completo e l’Agnello innocente procurato da Dio compirà quanto deve essere fatto per il perdono dei peccati.
A differenza di Isacco, la vita di Gesù non è stata risparmiata, ma come Abramo, Dio Padre ha riavuto suo Figlio dalla morte il terzo giorno grazie a una resurrezione, questa volta reale (1 Corinzi 15:3-4). Una resurrezione che è segno definitivo di vittoria sulla morte, di certezza di una prosperità eterna per tutti quelli che hanno avuto fede in lui “perché l’Agnello che è in mezzo al trono li pascerà e li guiderà alle sorgenti delle acque della vita; e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi” (Apocalisse 7:17).
Altri 2000 anni sono passati dall’offerta dell’Agnello di Dio al posto nostro. Quale è dunque la nostra, personale, risposta alla domanda di Isacco? Ci procuriamo un agnello qualsiasi, magari da consumare in questi giorni pasquali, o abbiamo trovato in Gesù il vero Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo? Abbiamo creduto che Dio lo ha risuscitato dai morti il terzo giorno, o abbiamo dei dubbi a proposito che rendono vana la nostra fede (1 Corinzi 15:12-19)?
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