La visione che abbiamo degli altri in questi giorni è senz’altro diversa. Si è senza dubbio accentuata quella virtuale, tramite social o altri mezzi di comunicazione, ma è diminuito drasticamente, se non quasi annullato, il contatto personale. E il mondo di fuori, quello reale, lo possiamo vedere solo dalle finestre o dai balconi. E vediamo pezzi di strada, i condomini di fronte, il giardinetto o il cortile davanti a casa.
Così, osservando da questa posizione, si scorgono situazioni e atteggiamenti, anzi, si scrutano con occhi più attenti rispetto ai giorni precedenti a questa clausura forzata.
Nel nostro condominio e in quelli davanti a noi, alcuni di quelli che vivono al piano terra hanno un piccolo giardino o comunque uno spazio verde. Ed è tutto un piantare, zappettare, seminare nuova erba, coltivare fiori e piccoli ortaggi. Oggi più che mai, si sente il bisogno di vedere qualcosa che cresce, che va avanti, che porta frutto. Si vedono altri che stanno facendo lavori in casa, pulizie straordinarie o riordinando cose da tempo lasciate un po’ a sé stesse, quanto tutto correva veloce e non c’era il tempo per occuparsene.
Ieri ho visto però una brutta scena. Alcuni giovani inquilini che si sono ritrovati con altri amici, altrettanto giovani, in tutto sette persone, una vicina all’altra che allegramente se ne stavano in cortile. Certo, non si fa e non si deve assolutamente fare. Hanno sbagliato, perché così facendo mettono a rischio la loro e la nostra incolumità. Quello che però ha colpito maggiormente è stata la reazione violenta degli inquilini del primo piano del palazzo di fronte: urla e bestemmie verso quel gruppetto, accusandoli apertamente di essere la causa del loro forzato isolamento. Sono certamente delle persone irresponsabili che non hanno ancora ben capito il rischio del loro comportamento. Loro e quelli come loro porteranno probabilmente a un inasprimento delle restrizioni. Però, domandiamoci, quale deve essere la reazione verso questi atteggiamenti? E cosa c’entra quel Dio bestemmiato?
Insieme con l’aumentata solidarietà reale verso quelli che sono in prima linea per arginare e combattere questo fenomeno, e la solidarietà espressa in manifestazioni estemporanee di simpatia e orgoglio nazionale (stanno aumentando i vicini che hanno messo la bandiera italiana sul balcone!), vediamo un rischio latente: l’odio. Prima era l’odio verso i cinesi, accusati di aver portato il virus fino da noi. Poi, dal momento che noi siamo visti come i potenziali untori di altri, l’odio si è riversato verso colui che non rispetta le regole, verso quei paesi che non adottano le nostre stesse misure restrittive, verso coloro che bloccano medicinali, attrezzature e dispositivi sanitari destinati a noi, ecc. Tutto questo certo ci fa arrabbiare, ci indigna, ma si fa presto a passare dalla solidarietà all’odio, dalle parole d’amore a quelle, rabbiose, di disprezzo.
Anche Gesù sperimentò questo repentino cambiamento quando, subito prima di dare la sua vita, andò a Gerusalemme. La sua fu un’entrata trionfale: Le folle che lo precedevano e quelle che seguivano gridavano: «Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!» (Matteo 21:9). Sono bastati però pochissimi giorni, perché quella folla osannante cambiasse idea: Ogni festa di Pasqua il governatore era solito liberare un carcerato, quello che la folla voleva... E Pilato a loro: «Che farò dunque di Gesù detto Cristo?» Tutti risposero: «Sia crocifisso». (Matteo 27:15, 22).
La Parola di Dio poi, parlando dell’uso della nostra lingua, ci dice del rischio connesso al suo uso e della contraddizione che ne sta talvolta dietro: Anche la lingua è un fuoco … contamina tutto il corpo… Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni. Fratelli miei, non deve essere così. (Giacomo 3:6, 9-10). E che dire di chi, come i nostri vicini, maledice sia Dio che gli uomini?
È Gesù stesso a dirci che quello che esce dalla nostra bocca ha una corrispondenza diretta con quello che esce dal nostro cuore: L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore tira fuori il bene, e l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore tira fuori il male; perché dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca. (Luca 6:45).
Caro fratello, caro amico e amica, caro vicino di casa che vivi nel mio cortile, “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.” (Romani 12:21). Non permettiamo alla tensione, alla paura, alla rabbia di avere il sopravvento su di noi. Non permettiamo a certi comportamenti errati, che stigmatizziamo fermamente, di abbruttirci.
Se poi quello che esce dalla nostra bocca nasce da un cuore non rigenerato, malato di odio e di rancore, allora abbiamo bisogno di un cuore nuovo, che solo Dio può donarci: Figlio mio, dammi il tuo cuore, e gli occhi tuoi prendano piacere nelle mie vie (Proverbi 23:26); Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne (Ezechiele 36:26).
Un cuore vivo, pulsante, che ama e sa amare perché è stato amato da Dio (vedi 1 Giovanni 4:7-10, 19; Romani 5:8).
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