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La grazia di Dio nella tempesta

In questi giorni così tribolati molti si sentono come su una barca durante una tempesta, una barca impossibile da controllare, dove i venti e le onde ci sbattono qua e là, senza possibilità di manovra.

La Parola ci presenta vari brani in cui persone si sono trovate in mezzo a una tempesta. Pensiamo per esempio alla storia di Giona (Giona 1 e 2), o a quella raccontata nel Salmo 107:23-32. Anche i discepoli di Gesù si sono trovati in quella situazione, quando all'improvviso la bufera si scatenò sul lago, mentre erano sulla barca con Gesù (Marco 4:35-41).

La tempesta a volte ci serve, ci serve per sapere in quel momento a chi ci aggrappiamo, quali sono le nostre certezze, qual è l’àncora sicura della nostra vita. Certo è che, qualunque sia la situazione che stiamo vivendo e la motivazione che l’ha scatenata, se siamo nell’angoscia non speriamo altro che la tempesta si plachi, che le acque tornino calme, rassicuranti.

Ma a volte il viaggio è lungo e di crescente difficoltà. Come quello vissuto da Paolo e descritto in Atti 27: “i venti erano contrari” (v. 4), “navigando per molti giorni lentamente ... a fatica, per l’impedimento del vento” (v. 7), “con difficoltà” (v. 8), “la navigazione si era fatta pericolosa” (v. 9, 10), “si scatenò.. un vento impetuoso” (v. 14), “la nave fu trascinata via... non potendo resistere al vento... eravamo portati alla deriva” (v. 15), “sbattuti violentemente dalla tempesta” (v. 18), “sopra di noi infuriava una forte tempesta, sicché ogni speranza di scampare era ormai persa” (v. 20). Paolo, per mezzo di Dio, ammonì i suoi compagni di viaggio (v. 10), poi li incoraggiò (vv. 22-26), poi di nuovo li ammonì (v. 31), poi gli esortò e li incoraggiò ancora (vv. 33-36). Però più e più volte gli uomini sulla nave hanno voluto fare di testa loro, dimostrando di avere più fiducia nei propri mezzi che nel Dio di Paolo: Il centurione però aveva più fiducia nel pilota e nel padrone della nave che non nelle parole di Paolo. (v. 11) (vedi anche vv. 29-30, 42). Solo quando, dopo nuove prove, finalmente si decisero a fare quello che Paolo aveva detto, “avvenne che tutti giunsero salvi a terra” (v. 44).

Un'avventura simile capitò anche a John Newton, un ex schiavista vissuto tra il 1725 e il 1807. Fu probabilmente proprio durante una tempesta, mentre era in viaggio su una nave, che prese spunto per quello che poi è diventato uno dei più famosi inni cristiani: Amazing grace (cliccate sul link per ascoltarlo o anche qui). Crediamo che le parole di questo inno possano essere di grande conforto a tutti quelli che in questo momento sono o si sentono in mezzo alla tempesta. Le proponiamo qui nella versione italiana:


Stupenda grazia del Signor che dolce questo don! Un cieco ero io ma Cristo mi sanò; perduto, or salvo son

La grazia sua m'insegnò di Lui ad aver timor e d'ogni paura mi liberò, ed ho fiducia ognor.

Fatiche e guai nel mio cammin ma Dio mi sosterrà la grazia mi guida e mi condurrà a casa del mio Signor

Le lodi della grazia sua per sempre canterem: un canto eterno e bello al Signor che mai non finirà.


(Inni e cantici cristiani, n. 76, Uceb, Fondi 2001)


Noi, come figli di Dio in Cristo, abbiamo una meta finale, un porto sicuro da raggiungere. E lo raggiungeremo perché c’è chi ha fatto il percorso per noi, per darci una speranza viva: Questa speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma, che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato sommo sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec. (Ebrei 6:19-20)

È come se una lunga, invisibile, corda unisse la nostra barca al porto celeste. Mentre siamo in questa vita abbiamo un’àncora sicura, la speranza che ci è stata donata. Possiamo essere saldi e fermi in essa, qualunque sia la tempesta attorno a noi. E poi c’è il porto, il fine del nostro viaggio, dove Gesù ci attende, dove ci sta preparando un luogo, il “porto tanto sospirato” (Salmo 107:30).


Un augurio sincero a tutti voi, di trovare acque calme in mezzo alla tempesta.


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