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Non possiamo tacere!

Fu un lungo assedio. Il re e tutto il popolo erano dentro le mura della città e non potevano uscire. Senza cibo da tempo, erano ormai stremati e senza più speranza. Vari di loro erano già morti. Il nemico non si sentiva, né si vedeva, ma loro sapevano che era lì fuori. Un gruppo di quattro lebbrosi decise di allora di buttarsi nelle mani del nemico, sperando in un atto di pietà verso di loro. Altrimenti, morire dentro le mura per la fame o uccisi dalla spada, non avrebbe fatto molta differenza. Arrivati però all’accampamento nemico, si accorsero che non c’era più nessuno. Dio li aveva spaventati ed erano fuggiti, abbandonando lì ogni loro bene. I quattro lebbrosi, increduli, mangiarono e bevvero a sazietà e raccolsero tutto quello che poterono, per andare poi a nasconderlo. Erano finalmente salvi e avrebbero avuto di quanto sopravvivere per un lungo tempo!

Poi però pensarono a tutto il popolo rinchiuso dentro alla città, sull’orlo della disperazione, affamati e convinti che il nemico fosse ancora lì fuori, pronto a colpirli. E allora presero una decisione: «Noi non facciamo bene; questo è giorno di buone notizie, e noi tacciamo! Se aspettiamo finché si faccia giorno, saremo considerati colpevoli. Ora venite, andiamo a informare la casa del re» (2 Re 7:9).

Anche noi siamo chiusi dentro alle nostre case, con un nemico che non si sente e non si vede, ma che sappiamo potrebbe colpirci se non restiamo all’interno delle nostre mura protette. Vari, purtroppo, sono già morti… Anche per noi l’assedio si sta facendo lungo e forse molti iniziano a essere stanchi e sfiduciati da questa lunga clausura forzata. Anche noi stiamo aspettando il momento che venga qualcuno a dirci che possiamo uscire, che il nemico si è dileguato, che non c’è più pericolo.

Ma se invece così non fosse? Cosa penseremmo di coloro che, pur sapendo che tutto è finito, che il pericolo è passato, non ci avvertissero? O come giudicheremmo un medico che, avendo le medicine per curare il male, se le tenesse per sé?

O se, come nella nostra storia, ci fosse qualcuno incredulo che non solo non crede alla liberazione di Dio, ma scoraggia anche gli altri, togliendo loro la speranza? (vedi 2 Re 7 per tutta la storia).

Chi ci segue da un po’ sa che abbiamo parlato molto in questi giorni di malattia fisica e malattia spirituale, di soluzioni offerte, non certo da noi, ma da Dio stesso. Un Dio che avvisa. Manda i suoi emissari con il messaggio dello scampato pericolo, con la soluzione. Non sono messaggeri ricchi e sani, ma dei malati guariti e in convalescenza, che senza alcun merito hanno trovato misericordia, che sono stati a loro volta sfamati dalla loro fame spirituale, che sono stati arricchiti dei beni non materiali di Dio e che sono in attesa della totale guarigione e della completa liberazione da tutto ciò che li aveva fatti ammalare, una volta che saranno entrati nella sua eterna presenza. Sono dei servitori, dei portavoce che sanno che devono condividere la buona notizia con gli altri, che non possono tenerla per sé: Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù (2 Corinzi 4:5).

Ripetiamo, non solo loro, non siamo noi la soluzione. Non sono né la medicina né il dottore, ma solo coloro che presentano al popolo colui che ha fatto fuggire il nemico che voleva tenerli sotto assedio, affamati e spaventati. Dio è il dottore e la medicina. La sua è una guarigione interiore, definitiva, eterna.

Oggi per lasciar passare il pericolo e per non mettere altri a rischio dobbiamo stare a casa. Aspettiamo il momento in cui ci diranno che possiamo di nuovo uscire, piangere per quelli che abbiamo perso, ma abbracciare quelli che ce l’hanno fatta. Cerchiamo però di fare tesoro di questo periodo, anche per la nostra vita futura.

Va’, o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l’indignazione (Isaia 26:20). Nascondiamoci quindi pure nelle nostre case, ma solo “per un istante”, finché tutto non sia passato. Mentre siamo in casa pensiamo a Dio, passiamo del tempo con lui e parliamo di lui, nel modo che ci è ora concesso. Poi però usciamo e annunciamo quella salvezza che è entrata nelle nostre case, mentre eravamo tra le nostre mura… vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio (Ebrei 12:15).


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