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Pescatori di uomini

È ancora buio quando il 3 ottobre 2013, poco al largo di Lampedusa, un barcone affonda portandosi dietro più di 360 tra uomini, donne e bambini, quasi tutti eritrei. Dalle testimonianze dei sopravvissuti si scopre che due imbarcazioni li avevano avvistati poco prima del naufragio ma che, dopo aver illuminato il barcone fermo con il motore in avaria, si erano allontanate senza prestare soccorso. Nel tentativo di attirare l’attenzione qualcuno dà fuoco a una maglietta, intrisa di benzina... quelli a bordo si spaventano e si allontanano dal fuoco e questo spostamento provoca il ribaltamento del barcone. Molti non ce la fanno e affogano subito, altri tentano di arrivare a riva nuotando quei circa 900 metri che li separano dalla terraferma. Ed ecco che finalmente alcuni pescherecci e imbarcazioni civili raccolgono, letteralmente ‘pescano’ dal mare, quelli che ce l’hanno fatta (in tutto saranno 155, di cui 41 minori), insieme a molti cadaveri. Pescatori di uomini per una notte. Non è stata la prima, non sarà, purtroppo, l’ultima.

Quando Gesù iniziò la sua attività terrena, cercò i suoi primi discepoli tra i pescatori del mare di Galilea: Pietro, suo fratello Andrea, Giacomo e Giovanni (Matteo 4:18-21), a cui rivolge uno strano appello: «Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini». Storie di uomini abituati a gettare le reti per pescare i pesci necessari per la sopravvivenza loro e delle loro famiglie, ieri come oggi. Solo che ai primi discepoli non venne chiesto di pescare naufraghi, vivi o morti, ma persone a cui portare il messaggio di speranza e di vita del vangelo.

Le persone che fuggivano dalla dittatura eritrea, dopo aver affrontato viaggi allucinanti lungo il deserto sudanese e aver conosciuto il terrore delle prigioni libiche, dopo aver speso migliaia di euro, spesso frutto di enormi sacrifici di familiari e amici in patria e all’estero, avevano solo quel tratto di mare prima di arrivare in una terra dove pensavano di poter trovare una ragione di vita diversa. Disperati in cerca di speranza.

Le persone che Gesù vedeva attorno a sé non erano molto diverse. Non avevano attraversato deserti e mari per arrivare lì dov’erano, ma guardando dentro di loro capiva la loro intima situazione e il loro immenso bisogno: Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore (Matteo 9:36).

Anche oggi Gesù vede e conosce quello che viviamo veramente, sa se siamo in fuga da qualcosa o qualcuno, sa se vorremmo una vita diversa, una nuova speranza. Sa, anche se magari non ne siamo consapevoli, che anche noi abbiamo un dittatore che vuole opprimerci e da cui dobbiamo fuggire e essere liberati (Atti 26:18; 2 Timoteo 2:26).

Gesù vuole raccoglierci, ‘pescarci’, per darci quello di cui abbiamo realmente bisogno: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo (Matteo 11:28). Non passerà al largo dopo averci incontrato, ma sarà pronto a tirarci sù mentre siamo ancora in vita, per donarci la vera vita, la vera speranza. Non avremo bisogno di pagare uno scafista, non dovremo accendere un fuoco per farci notare, non correremo il rischio di affogare nel tentativo, non dovremo affidarci alle nostre poche forze per arrivare alla meta. Sarà lui stesso a venirci incontro, mandando i suoi pescatori di uomini, i portatori della buona notizia. Ci farà lui stesso salire sulla sua barca e ci accompagnerà al porto in tutta sicurezza, anche se fuori fosse tutto buio e il mare in tempesta, anche se, ora, la terra ci sembra lontana e avvolta da una fitta nebbia. In tutto questo “troviamo una potente consolazione, noi, che abbiamo cercato il nostro rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci era messa davanti. Questa speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma, che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore” (Ebrei 6:18-20). Lui conosce la strada e quel tratto di mare lo ha già percorso prima di noi e per noi.

Mentre dovremmo tutti guardare con occhi diversi quelli che sono in fuga in cerca di una nuova occasione di vita, non restando indifferenti e girando al largo quando li vediamo, ma essendo pronti a raccoglierli, a ‘pescarli’ prima che sia troppo tardi, possiamo fare di noi dei pescatori di uomini, di donne, di bambini, chiunque siano e dovunque siano, dopo aver accolto noi per primi l’invito di Gesù ad andare a lui.



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