Chi ha bisogno di un aiuto immediato ha difficoltà a basarsi solo sulle promesse o sulla speranza di un sostegno che verrà, in un tempo non ben definito. L’urgenza fa sì che l’unica soluzione possibile sia il ‘qui e ora’. Come abbiamo riflettuto ieri però a volte ci sono impedimenti che sembrano vanificare ogni nostro aspettativa.
Come per Iairo, può succedere che la nostra fede venga messa a dura prova. Non tanto per verifica per Dio che conosce i nostri cuori e i nostri pensieri, ma per noi stessi. “Hai ancora fiducia in me? Sei sempre convinto che, nonostante un ritardo, un contrattempo, dove tutto sembra andare in una direzione sbagliata o che sia ormai troppo tardi, io posso fare quello che mi hai chiesto?”
Come avrà vissuto Iairo quei, per lui senz’altro lunghissimi, momenti? Da un lato, vista la guarigione della donna, ha avuto conferma della potenza di Gesù in risposta alla fede, non solo per la guarigione fisica, ma anche per quella spirituale. Dall’altro lato però il tempo stava correndo veloce e sua figlia era ancora là, in fin di vita…
Forse è successo o può succedere anche a noi che, mentre aspettiamo una risposta alla nostra preghiera, al nostro bisogno, vediamo Dio operare nella vita di altri, con gli stessi nostri bisogni. Vedere questo ci incoraggia, perché capiamo che Dio può effettivamente agire potentemente e miracolosamente, o ci fa venire dei dubbi riguardo noi stessi, la nostra fede e su Dio stesso. Se è giusto porsi domande riguardo a noi stessi, non dobbiamo però avere dubbi verso un Dio che non ha riguardi personali e che non agisce con favoritismi personali (2 Cronache 19:7; Atti 10:34-35), ma che semmai, come abbiamo detto, sta mettendo alla prova la nostra fede per raffinarla e rafforzarla (1 Pietro 1:7), sempre capendo che Dio è sovrano e giusto nel suo agire.
Tornando al nostro brano vediamo che la storia prende ora un’altra svolta, terribile: Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: «Tua figlia è morta; perché incomodi ancora il Maestro?» (Marco 5:35). Eccolo il tanto temuto evento! La figlia di Iairo, la sua unica è morta! È troppo tardi, non c’è più bisogno che Gesù, che il maestro si incomodi e venga a casa di Iairo… Povero Iairo, ci aveva sperato e creduto con tutto il suo cuore, aveva superato vergogne e paure e si era gettato, lì davanti a tutta la folla, ai piedi di Gesù e adesso era troppo tardi!
Ma la risposta di Gesù è immediata (e sono le uniche parole che Gesù dice a Iairo): Ma Gesù, udito quel che si diceva, disse al capo della sinagoga: «Non temere; soltanto abbi fede!» (v. 36). Matteo sottolinea la fede incrollabile di Iairo anche davanti all’evidenza: «Mia figlia è morta or ora; ma vieni, posa la mano su di lei ed ella vivrà». (Matteo 9:18).
Per Gesù non era tardi. Con le sue resurrezioni di persone ormai defunte voleva dimostrare e confermare che lui era la resurrezione e la vita e che chiunque aveva fede in lui, sebbene morto, sarebbe poi risuscitato (Giovanni 11:25).
Gesù ci insegna anche che non c’è rischio di disturbarlo troppo e che quando gli abbiamo chiesto qualcosa ai suoi piedi, in preghiera, con umiltà e fede, lui risponde con i suoi tempi e modi, anche davanti a quello che sembra essere un punto di non ritorno. La fede, diceva George Müller, «non opera nel campo del possibile, perché non c’è gloria per Dio in quello che è umanamente possibile. La fede inizia dove il potere dell’uomo finisce». Ma Müller non fece altro che confermare quello che la Parola di Dio dimostra e afferma (Marco 9:23).
Gesù a questo punto, accompagnato dai soli Pietro, Giacomo e Giovanni (v. 37) arriva alla casa di Iairo. La gente davanti alla casa grida e piange a alta voce, disperati per la morte di una bambina così giovane, oltretutto figlia unica del loro capo della sinagoga. Allora Gesù spiega loro che la morte per coloro che hanno fede in lui è come un sonno, da cui lui stesso può svegliare e sveglierà (v. 38-39). Ma la morte di questa ragazza non era una morte apparente, ma reale. Ed ecco, che quelli che prima piangevano e si disperavano, ora si fanno beffe di Gesù, lo prendono in giro per quello che ha detto (v. 40; Luca 8:53)
Così è il mondo incredulo, ride davanti a quello che Gesù dice, ride di lui quando parla del suo potere di salvare e di donare la vita. Sì, forse alcuni credevano in Gesù guaritore, ma qui c’era bisogno di una fede diversa, totale fiducia nelle parole e nell’opera di Gesù.
E cosa succede a queste persone? Gesù le mette fuori e solo quei pochi con lui potevano entrare e vedere la meraviglia di un Dio che ridà la vita e dona la salvezza. (v. 41-42). Che brutta cosa essere ‘messi fuori’ da Gesù! Queste persone avevano la possibilità di credere, di accettare la parola di speranza e di vita di Gesù, di vedere la meraviglia della sua opera… vari di loro saranno stati anche familiari di Iairo e sua moglie, quindi persone vicine a loro; sicuramente molti, se non tutti, frequentavano la sinagoga cittadina dove operava Iairo, quindi erano a loro modo religiosi. Ma ora rifiutano Gesù, rifiutano di credere in lui e ridono di lui. E quindi rimangono fuori, come rimarranno purtroppo fuori tutti color che agiscono allo stesso modo. Che grande vittoria invece per coloro che credono in lui, che non ridono delle sue parole e del suo operato!
Gesù, che si era lasciato toccare dalla donna impura, ora tocca il corpo morto di quella bambina, prendendola per la mano e la chiama alla vita. E subito si preoccupa del suo sostentamento (v. 43). Ecco cosa fa il nostro Signore, anche per noi: ci prende mano, noi che eravamo morti nei nostri peccati (Efesini 2:1), ci chiama alla vita e ce la dona, preoccupandosi anche dei nostri bisogni quotidiani.
La fede di Iairo, messa anche a dura prova, è stata premiata. Gli ostacoli, i ritardi, potranno anche averlo preoccupato, ma non scalfito la sua fede forte e genuina. Andiamo a Gesù con la stessa fede e ci farà vedere la sua salvezza. Non ci lascerà né indietro né fuori dalla sua presenza, e non ci saranno ostacoli che impediranno di farci arrivare al suo dono di vita, perché “colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37).
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