C’è un grande fermento nel mondo medico-scientifico per trovare la migliore soluzione per la cura di questo virus. Farmaci nuovi o combinazione di farmaci già conosciuti, prelievo di plasma delle persone guarite da iniettare ai malati, ricerca di un vaccino efficace, e quant’altro. Alcune sembrano strade più facili e percorribili, altre più lunghe e complesse. Le incognite sono tante, e le soluzioni proposte andranno testate e valutate nel tempo. Alla fine ci sarà forse solo una soluzione definitiva, il pezzo giusto del puzzle.
Anche se entriamo nel mondo religioso le cure proposte sono le più varie. Tutti capiscono che c’è un problema spirituale che sta alla base di ogni persona e cercano e offrono soluzioni diverse. Capire qual è quella giusta è fondamentale, visto che si parla di vita o morte spirituale, ma riuscire a districarsi in un mondo tanto variegato e contraddittorio, non è certo semplice.
Spesso notiamo che più la strada da fare è difficile e complessa, maggiori sono i sacrifici richiesti, e più si tende a credere che sia la soluzione giusta. Ed ecco allora persone disposte a rinunce di ogni tipo, impegni onerosi, mortificazione del corpo, esercizi ‘spirituali’ in luoghi particolari, pellegrinaggi, ecc.
Naaman era uno che pensava così, che se una cosa doveva essere fatta per superare un grave problema, doveva essere per forza una cosa difficile e impegnativa. Ma facciamo un passo indietro e capiamo chi era costui: Naaman, capo dell’esercito del re di Siria, era un uomo tenuto in grande stima e onore presso il suo signore, perché per mezzo di lui il SIGNORE aveva reso vittoriosa la Siria; ma quest’uomo, forte e coraggioso, era lebbroso (2 Re 5:1). Naaman aveva saputo da una sua serva ebrea che in Israele c’era un uomo di Dio che avrebbe potuto guarirlo e lo riferì al re di Siria. Il re quindi scrisse al re d’Israele dicendogli che gli avrebbe mandato Naaman per essere guarito, insieme a un considerevole dono in oro, argento e vestiari (vv. 2-6). Il re d’Israele rimase disorientato da quella richiesta (“Io sono forse Dio, con il potere di far morire e vivere, ché costui mi chieda di guarire un uomo dalla lebbra?”), sospettando ci fosse qualche secondo fine dietro a tale richiesta (v. 7). Il profeta Eliseo, udito questo, si offrì di vedere Naaman e di provvedere per lui (v. 8). Naaman, con cavalli e carri, andò quindi da Eliseo (v. 9), ma la soluzione da lui proposta sconvolse e fece arrabbiare Naaman: Ed Eliseo gli inviò un messaggero a dirgli: «Va’, làvati sette volte nel Giordano; la tua carne tornerà sana e tu sarai puro». Ma Naaman si adirò e se ne andò, dicendo: «Ecco, io pensavo: egli uscirà senza dubbio incontro a me, si fermerà là, invocherà il nome del SIGNORE, del suo Dio, agiterà la mano sulla parte malata, e guarirà il lebbroso. I fiumi di Damasco, l’Abana e il Parpar, non sono forse migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei lavarmi in quelli ed essere guarito?» E, voltatosi, se ne andava infuriato. (vv. 10-12).
Naaman non riusciva a capire che lui avrebbe dovuto solo avere fede nelle parole dell’uomo di Dio e fare quello che gli diceva, per quanto ‘semplice’ gli potesse sembrare la cosa. Lui si aspettava cose ben più difficili, più onerose forse (non si era forse portato carri carichi di doni?). I suoi servitori, molto saggiamente, glielo fecero notare: Ma i suoi servitori si avvicinarono a lui e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una cosa difficile, tu non l’avresti fatta? Quanto più ora che egli ti ha detto: “Làvati, e sarai guarito”». (v. 13). Naaman infine si decise, fece quello che gli era stato detto, e guarì (v. 14). Si era finalmente fidato di Eliseo e ottenne, per fede, la sua guarigione, credendo in Dio. A quel punto però avrebbe voluto ricompensare Eliseo, che però rifiutò il suo regalo (vv. 15-16).
La salvezza per grazia, tramite la sola fede, sembra una cosa troppo facile per molti. Eppure Gesù stesso ci dice: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita (Giovanni 5:24). E prima di lui la stessa cosa era stata attestata dai profeti: Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome (Atti 10:43). Una fede, un atto di fiducia, che non comporta nessuna opera meritevole da compiere: Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi: è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti (Efesini 2:8-9)… Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia (Romani 11:6).
Troppo facile? Basta credere e si è salvati? Niente opere particolari, sacrifici, doni da portare in qualche tempio religioso? No. Non c’era e non c’è nulla che noi possiamo fare per guadagnarci la salvezza, ma siamo “giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Romani 3:24). Ma per arrivare a darci questo dono, Gesù però ha dovuto soffrire e morire al posto nostro. Ecco il prezzo immenso pagato, ecco il sacrificio. Ma non lo dobbiamo fare noi, l’ha fatto lui per noi. A noi non resta che credere alla sua Parola, al suo messaggio di salvezza. Come Naaman abbiamo però prima bisogno di riconoscere la nostra malattia, riconoscere di aver bisogno di qualcuno che ci guarisca, e poi fare quello che ci viene chiesto, cioè di credere nella sua soluzione.
Esistono cure alternative per guarire dal nostro virus spirituale? Gesù stesso ci dice che c’è una sola via: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me (Giovanni 14:6). La cura è una e una sola: In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati (Atti 4:12).
Non cerchiamo altre soluzioni, accettiamo l’unica possibile.
Essi dunque gli dissero: «Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». (Giovanni 6:28-29).
Comments