Dio, nell’Antico Testamento, aveva previsto regole ben precise per proteggere la salute del suo popolo. Abbiamo, in particolare nel libro del Levitico (capitoli 11-15), numerose norme igieniche, che se fossero state seguite, avrebbero risparmiato all’umanità milioni di morti. Regole che prevedevano, tra le altre cose, il lavarsi le mani, il corpo e gli oggetti di chi è stato a contatto con qualcosa che potesse trasmettere loro delle malattie, oltre all’isolamento, fuori dall’accampamento, di coloro che erano infetti. Ci sarebbero voluti moltissimi secoli prima che l’esperienza e la scienza facessero scoprire l’esistenza di virus e batteri e il loro devastante effetto, spingendo a prendere precauzioni che Dio aveva già indicato nella sua Parola migliaia di anni fa.
Molto particolareggiate sono le indicazioni riguardanti una malattia come la lebbra (o qualcosa di simile a essa – vedi Levitico capitolo 13-14), delle quali leggiamo qui alcuni passaggi: Il lebbroso, affetto da questa piaga, porterà le vesti strappate e il capo scoperto; si coprirà la barba e griderà: “Impuro! Impuro!” Sarà impuro tutto il tempo che avrà la piaga; è impuro; se ne starà solo; abiterà fuori del campo. (Levitico 13:45-46); Colui che si purifica si laverà le vesti, si raderà completamente i peli, si laverà nell’acqua e sarà puro. Dopo potrà entrare nell’accampamento, ma resterà sette giorni fuori della sua tenda (Levitico 14:8).
La gente ai giorni di Gesù aveva paura dei lebbrosi, degli impuri, degli infetti. Aveva paura e se ne stava lontana. Non così Gesù. I lebbrosi stessi stavano lontani dalle persone, rispettando quanto prescritto nella Legge (vedi Luca 17:12), ma non quando c’era Gesù vicino a loro: Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio, lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi purificarmi!» Ed egli, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio; sii purificato!» (Marco 1:40-41).
Gesù si ferma, ascolta il grido del lebbroso, prova compassione, si avvicina e lo tocca. Tocca l’intoccabile. Gesù non ha paura di contaminarsi con chi ha bisogno di lui, non è indifferente alla richiesta di aiuto e fa sentire la sua presenza, anche fisica. Poi guarisce e salva.
Anche oggi ci troviamo tutti in una situazione in cui norme igieniche e isolamento sono assolutamente necessari. Anche noi dobbiamo stare “fuori dal campo”, non avvicinarci agli altri e gli altri a noi. Anche noi abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi, della nostra salute.
Abbiamo però un altro grande problema, non fisico, ma spirituale. Noi, ci dice Gesù, siamo contaminati dal nostro peccato, dai pensieri dei nostri cuori (Matteo 15:18). Abbiamo quindi anche noi, più che mai, bisogno di quello stesso tocco. Dobbiamo però essere consapevoli del nostro bisogno, voler essere guariti, cercare e avere fede in quel Gesù che può e vuole purificarci. Gesù non sarà indifferente al nostro grido, ma si avvicinerà a noi, ci toccherà e ci parlerà, offrendoci il suo perdono, la sua guarigione, la sua salvezza.
Se non lo abbiamo ancora fatto, possiamo andare a lui oggi, come ha fatto quel lebbroso. La sua compassione, la sua totale comprensione per ogni nostro bisogno, farà sì che ci ascolti e ci guarisca. Lui, che non si è tirato indietro quando c'èra da toccare il nostro peccato, da caricarselo per noi (1 Pietro 2:22-24).
Una volta guariti, una volta salvati per fede, non dimentichiamoci però di ringraziarlo. Altri dieci lebbrosi erano andati da Gesù, implorando la sua pietà. Gesù li guarì, ma solo uno tornò a ringraziarlo, mentre gli altri nove non lo fecero (Luca 17:12-19). Come dobbiamo ringraziare chi guarisce il nostro corpo, così non dimentichiamoci mai di ringraziare colui che ci tocca con il suo amore, che ci guarisce, che ci salva.
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