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Tornare per ringraziare

Mentre stanno calando i numeri dei contagiati e piano piano anche il drammatico numero dei decessi, ci rallegriamo per il sempre più alto numero di guariti, circa 80.000. Un numero considerevole di persone che hanno vissuto sulla propria pelle l’esperienza, per alcuni veramente difficile, degli effetti di questo virus. Abbiamo sentito testimonianze commosse che raccontavano la riconoscenza per quanto fatto dai medici e tutto il personale sanitario.

Non sempre però succede che ci sia un adeguato ringraziamento per quello che ci viene fatto. Un medico, un insegnante, le forze dell’ordine, i genitori, un amico e molti altri hanno contribuito a guarirci, istruirci, proteggerci, a farci crescere, ad accompagnarci nel nostro cammino di vita. Siamo sempre stati riconoscenti?

I vangeli ci raccontano un episodio piuttosto conosciuto, ma sul quale vale la pena riflettere ancora: E mentre entrava in un villaggio, gli vennero incontro dieci uomini lebbrosi, i quali si fermarono a distanza e alzarono la voce, dicendo: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!» Vedutili, egli disse loro: «Andate a mostrarvi ai sacerdoti». E, mentre andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendo che era guarito, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo. Or questi era un Samaritano. Gesù, rispondendo, disse: «I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia tornato per dare gloria a Dio tranne questo straniero?» E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato» (Luca 17:12-19).

Gesù aveva risposto all’appello di dieci lebbrosi. Persone ‘infette’, isolate e emarginate, oltre che devastate nel fisico. Persone che avevano un disperato bisogno di aiuto, di qualcuno che si prendesse cura del loro problema. Si erano rivolti alla persona giusta e Gesù li guarì. La cosa che lascia perplessi è la mancanza di ringraziamento da parte di nove di essi. Anche Gesù è tristemente sorpreso, meravigliato che non siano tornati per dare gloria a quel Dio che li aveva guariti. Solo uno torna, tra l’altro un samaritano, considerato quindi di un popolo ‘altro’ perché non seguiva l’ortodossia religiosa ebraica e perché era il frutto di un miscuglio di popoli e perciò non di pura razza israeliana. Ma lui sente il bisogno di ringraziare il suo salvatore in cui ha posto la sua fede. Sarà proprio quella, dimostrata non solo nel credere che Gesù potesse guarirlo, ma anche nel suo riconoscere in lui il Dio a cui dare gloria e ringraziamento, che lo ha salvato. Non solo una guarigione fisica e temporanea quindi, ma una salvezza definitiva e eterna.

Noi come siamo messi con la riconoscenza? Abbiamo creduto in lui, lo abbiamo riconosciuto mentre operava per la nostra vita e lo abbiamo ringraziato come nostro Signore e Salvatore? E se abbiamo sperimentato il suo amore e il suo intervento, abbiamo proseguito poi diritto per la nostra strada, felici del pericolo scampato o del problema superato, o ci siamo fermati e siamo tornati a lui per ringraziarlo?

Riconoscete che il SIGNORE è Dio;

è lui che ci ha fatti, e noi siamo suoi;

siamo suo popolo e gregge di cui egli ha cura.

Entrate nelle sue porte con ringraziamento,

nei suoi cortili con lode;

celebratelo, benedite il suo nome.

Poiché il SIGNORE è buono; la sua bontà dura in eterno,

la sua fedeltà per ogni generazione (Salmo 100:3-5)

Solo uno su dieci probabilmente lo fa. Ma torna a casa salvato.


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