C'è tutta una classe di lavoratori che non solo è in difficoltà per le limitazioni di questo periodo, ma anche perché si sente meno protetta di altre, vede quelle che, almeno ai loro occhi, sono delle ingiustizie perché gli aiuti non sono distribuiti equamente o sono sproporzionati, in negativo, ai loro sforzi. Questo crea proteste, malcontento e grandi perplessità in molti di essi. Per dirla alla Orwell "siamo tutti uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri".
Sono tanti anche gli insegnamenti di Gesù che possono lasciarci perplessi, perché sconvolgono il nostro senso comune di intendere le cose. Ce ne è uno in particolare nel quale qualcuno di quelli che oggi si sente discriminato potrebbe identificarsi. Ci riferiamo alla parabola dei servitori delle diverse ore (Matteo 20:1-16). La parabola racconta di un padrone di una vigna che chiama dei lavoratori a ore, pattuendo con loro il compenso di un certa cifra. Solo che che alcuni lavorarono tutto il giorno, cioè 12 ore (dalla 6 alle 18), altri 9 ore, altri 6, altri 3 e alcuni solo una. Tutti a fine giornata ricevettero dal padrone lo stesso compenso. Ovviamente quelli che lavorarono tutto il giorno si lamentarono con il padrone per questa disparità di trattamento (v. 11-12).
Dal nostro punto di vista non è molto giusto che un lavoratore che ha lavorato tutto il giorno, prenda la stessa paga di uno che ha lavorato solo un’ora. La paga pattuita era quella di un denaro al giorno, cifra sufficiente a garantire i bisogni primari di una famiglia. Per chi aveva lavorato duramente per 12 ore, vedere che chi aveva lavorato un’ora sola ricevette lo stesso salario, doveva sembrare assolutamente un'ingiustizia. Ma qui Gesù voleva insegnare qualcosa riguardo la grazia di Dio, il salario che Gesù dà agli ultimi non è in base al merito, ma in base al bisogno. Anche quelli che avevano lavorato solo un’ora quel giorno avevano bisogno di un denaro per poter garantire la sopravvivenza della propria famiglia il giorno dopo. Quello che il padrone (Dio) dà loro non è in base al debito che egli ha nei loro confronti, ma in base al bisogno della persona. Dio dà per grazia e la sua grazia provvede al bisogno di ognuno, indipendentemente da quanto uno ha fatto, perché la sua grazia è comunque sproporzionata rispetto al merito. Non lamentiamoci dunque se pensiamo di aver lavorato tanto per Dio, molto di più di altri e vediamo che altri hanno ricevuto da Dio quanto abbiamo ricevuto noi, anche se si sono impegnati molto meno. Dio agisce e elargisce per amore, per grazia e la sua grazia guarda al bisogno di ognuno.
Se uno risponde alla chiamata di Dio l’ultimo minuto della sua vita, magari dopo una vita di immersione nel peccato, avrà la vita eterna come coloro che hanno lavorato per lui tutta la vita. Ci dà fastidio questo? O come dice il padrone della parabola: “Vedi tu di mal occhio che io sia buono?” (v. 16). Noi spesso abbiamo un concetto di giustizia molto umano e poco divino, una giustizia che trascende dalla grazia, dall’amore, dalla misericordia di Dio.
No, non lamentiamoci della bontà di Dio, della sua grazia, perché ne avremo sempre bisogno, un bisogno immenso, anche e soprattutto quando non meritiamo niente.
Gesù disse questa parabola subito dopo aver parlato con il giovane ricco (Matteo 19:16-26), dopo aver parlato della difficoltà di accettare la salvezza solo per grazia, senza meriti personali da vantare, ma soprattutto dopo la domanda di Pietro: “Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito: che ne avremo dunque?” (Matteo 19:27). In parole povere: “E noi che non abbiamo confidato nelle nostre ricchezze, ma abbiamo lasciato tutto per te, che ci guadagniamo?” E qui capiamo che anche se si parla di ricompensa per coloro che hanno già ricevuto la grazia salvifica di Dio e si sono impegnati a servirlo, ciò che Dio dà è sempre sproporzionato al servizio resogli. Gesù infatti rispose: “… chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o o sorelle, o padre, o madre o moglie, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna. Ma molti primi saranno ultimi e gli ultimi primi.” (Matteo 19:30).
No, Dio non è ingiusto, non dimentica l’impegno svolto per lui (Ebrei 6:10), ma quando parliamo della sua grazia nei confronti di chi ha creduto in lui, la ricompensa sarà sempre assolutamente sproporzionata, perché non c'è alcun merito da portare a Dio: Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi: è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti (Efesini 2:8-9) e “se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia” (Romani 11:6).
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