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Come anelli di una catena

Chi dovrebbe avere diritto di maggior aiuto in una situazione di difficoltà come quella che stiamo vivendo? Qualcuno ha giustamente detto che se vogliamo che una catena regga dobbiamo rinforzare l’anello più debole. Si parla di questo in vari ambiti, da quello finanziario a quello informatico, da quello bellico a quello sanitario. Al contrario, chi vuole colpire qualcuno, cercherà di farlo in primo luogo cercando il suo lato più debole, l’anello che può fare spezzare tutta la catena. Specialmente in guerra questa è una tattica ben nota, come troviamo anche raccontato nella Parola di Dio: Ricòrdati di quel che ti fece Amalec, durante il viaggio, quando uscisti dall’Egitto. Egli ti attaccò per via, piombando da dietro su tutti i deboli che camminavano per ultimi, quando eri già stanco e sfinito e non ebbe alcun timore di Dio (Deuteronomio 25:17-18).

Anche se, di natura, ognuno cerca di pensare prima a sé stesso, dobbiamo essere consapevoli che siamo parte tutti di un sistema che ci lega uno all’altro. E questo sempre di più in un mondo fortemente globalizzato. Ci siamo accorti in questi mesi quanto un'emergenza sanitaria locale, possa diventare un dramma globale, così come la profonda crisi finanziaria di uno, possa diventare in breve tempo qualcosa che travolge anche gli altri. Lo abbiamo visto con il fenomeno dell’immigrazione, dove un problema in un paese lontano, spesso sfruttato dagli anelli forti della catena del mondo, diventa un problema per tutti.

Rileggiamo un brano che abbiamo già citato nel post Sapersi accontentare: Infatti non si tratta di mettere voi nel bisogno per dare sollievo agli altri, ma di seguire un principio di uguaglianza; nelle attuali circostanze la vostra abbondanza serve a supplire al loro bisogno, perché la loro abbondanza supplisca altresì al vostro bisogno, affinché ci sia uguaglianza, secondo quel che è scritto: «Chi aveva raccolto molto non ne ebbe di troppo, e chi aveva raccolto poco non ne ebbe troppo poco» (2 Corinzi 8:13-15).

Il principio che sta alla base è quello di aiutare chi si trova in difficoltà, non solo perché così avremo sopperito alle sue necessità, ma perché così daremo ai diversi anelli della catena umana la stessa forza, come deve essere per una catena forte e resistente, che per essere tale lo deve essere in ogni suo elemento.

La chiesa di Dio è vista come un edificio, con Cristo come pietra angolare, la pietra perfetta da cui parte la costruzione, e dove ogni mattone costituisce parte essenziale e imprescindibile del tutto (1 Pietro 2:4-5; Efesini 2:20-22). Inutile avere una casa in cui alcune parti sono costruite in maniera solida e altre sono deboli o mancanti. A soffrirne non sono solo le parti più fragili, ma tutta la struttura.

Allo stesso modo viene usato anche il corpo come metafora della chiesa, con Gesù che ne è il capo: Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa… da cui tutto il corpo, ben fornito e congiunto insieme mediante le giunture e i legamenti, progredisce nella crescita voluta da Dio… Da lui tutto il corpo, ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore (Colossesi 1:18; 2:19; Efesini 4:16).

Ogni singolo elemento del nostro corpo, anche il più piccolo, contribuisce in maniera fondamentale al funzionamento di tutto l’organismo (vedi post Il fragile equilibrio). Ma il Signore ci insegna non solo l’interdipendenza di una parte verso l’altra, ma anche la cura necessaria per le parti più deboli o considerate meno nobili: Ci sono dunque molte membra, ma c’è un unico corpo; l’occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui. Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. (1 Corinzi 12:20-27).

Stare fuori dal corpo è come essere un anello isolato da una catena. Può essere forte fino che vuoi, ma senza catena non potrà fare nulla. Allo stesso modo, se non curiamo, se non rinforziamo la parte più debole della catena, il tutto prima o poi si spezzerà.

Dovremmo però avere in primo luogo cura di essere parte di un edificio, di un corpo, di una catena, in cui l’elemento iniziale sia colui sul quale si può costruire tutto il resto, al quale appoggiarsi affinché anche le altre parti reggano. Abbiamo bisogno di fare di Dio quell’elemento, sia in un grande sistema interconnesso, come in ogni nucleo più piccolo, come quello familiare: Due valgono più di uno solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. Infatti, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senza avere un altro che lo rialzi! Così pure, se due dormono assieme, si riscaldano; ma chi è solo come farà a riscaldarsi? Se uno tenta di sopraffare chi è solo, due gli terranno testa; una corda a tre capi non si rompe così presto (Ecclesiaste 4:9-12).

Rinforziamo l’anello debole, e tutti insieme teniamoci legati a colui che vuole costruire la catena con noi e per noi.


 
 
 

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