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Crisi e opportunità inaspettate

Ognuno di noi può fare sicuramente la conta di quanto ha perso in questi ultimi mesi. Chi ha perso un parente o un amico, chi il lavoro, o chi, più semplicemente, uno stile di vita radicato da anni e che si farà fatica a ripristinare in tempi brevi. Però, come abbiamo sottolineato più volte ormai, ci sono anche state opportunità inaspettate, territori inesplorati che si tramutano in situazioni favorevoli, pur essendo nate in mezzo a tante difficoltà.

A volte una malattia, un crollo finanziario o una qualsiasi circostanza avversa, ci portano a dover modificare i nostri piani. Una crisi improvvisa che può travolgerci o obbligarci a fare scelte che poi si possono rivelare determinanti per dare un nuovo corso alla nostra vita.

La parola ‘crisi’ deriva dal greco krisis e ha come significato principale quello di ‘separazione’, ‘scelta’ e ‘giudizio’ (dalla stessa radice viene anche ‘critica’, cioè la capacità di esprimere un giudizio). Quest’ultimo significato è quello più usato nel Nuovo Testamento. Dal punto di vista di Dio infatti, la krisis è la messa in atto di un giudizio, cioè di una scelta operata separando una conseguenza da un’altra.

Dal punto di vista dell’uomo, ogni momento critico è collegato con una decisione, con una svolta. La crisi allora, pur essendo sempre associata alle difficoltà, può diventare anche una vera e propria opportunità. Questo nasce proprio dal fatto che in una fase critica siamo obbligati a riconsiderare la situazione da un’ottica diversa, ad operare delle scelte. Dobbiamo però cercare la soluzione nel posto giusto e fare la scelta giusta.

L’apostolo Paolo ricordava ai credenti della Galazia quale fu l’occasione nella quale ebbe l’opportunità di portare loro il vangelo, la buona notizia della salvezza in Gesù: … sapete bene che fu a motivo di una malattia che vi evangelizzai la prima volta (Galati 4:13). Quella che per Paolo era sicuramente una limitazione che lo costrinse a modificare i suoi viaggi, diventa un’occasione per operare una nuova scelta, che diventa a sua volta di beneficio per altri, oltre che una nuova opportunità per lui.

Non era certo la prima volta che Paolo si è trovato a portare avanti la sua missione in mezzo a grandi difficoltà personali (Paolo ne fa un resoconto, pur non completo, in 2 Corinzi 11:24-33; vedi anche il post La grazia di Dio nella tempesta). Sarà anzi proprio nelle due lettere alle chiese di Corinto, che parlerà con frequenza delle sue debolezze continue, pur se sempre accompagnate dalla grazia e dalla potenza di Dio.

Noi a volte confondiamo forza e debolezza, attribuendo alla prima la condizione ideale per agire e alla seconda una limitazione che non ci permette di esprimere tutte le nostre potenzialità. Anche di questo abbiamo parlato in diverse occasioni e Paolo lo spiega bene ai Corinzi: E io, fratelli, quando venni da voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore; la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1 Corinzi 2:1-5). Ancora una volta Paolo fa capire che la sua debolezza era uno strumento per manifestare la potenza di Dio (2 Corinzi 4:7; 12:9).

Fra coloro che leggono queste meditazioni c’è chi ha già fatto una scelta per Dio, che come Maria, la sorella di Lazzaro, “ha scelto la parte buona che non le sarà tolta” (Luca 10:42).

Ma c’è sicuramente anche chi è ancora nel dubbio, che non si è ancora arreso all’amore incondizionato di Dio, lasciandosi abbracciare e sostenere da questo grande amore. A tutti questi diciamo che siamo felici di aver avuto questa opportunità, scatenata da un momento di crisi profonda, di debolezza generale, da una malattia che ha colpito tutto il mondo, per parlarvi e annunciare la buona notizia di Gesù. Vi vogliamo bene anche se non vi conosciamo perché sappiamo che, in primo luogo, è Dio che vi ama (Giovanni 3:16) e noi possiamo amare solo "perché egli ci ha amati per primo" (1 Giovanni 4:19).

Lo abbiamo fatto e lo faremo consapevoli dei nostri limiti e debolezze, ma annunciando sempre la vittoria di Gesù, che ha sperimentato la debolezza per trionfare per noi: Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio; anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui mediante la potenza di Dio per procedere nei vostri confronti (2 Corinzi 13:4).

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