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Sentirsi bene o stare bene? (seconda parte)

Per riuscire a superare una difficoltà bisogna avere una meta, un obiettivo da raggiungere, qualcosa che dia non solo un senso a quello che stiamo vivendo, ma che sia anche di sprono a lottare per raggiungere un determinato scopo.

In due delle tre citazioni di aphoraō che troviamo nelle Scritture, la parola viene usata in relazione all’apostolo Paolo e al riluttante profeta Giona. Entrambi in difficoltà (Paolo era in prigione per la sua fede, Giona irritato per la clemenza messa in atto da Dio nei confronti di un popolo nemico). Entrambi si mettono in uno stato di osservazione, di ponderazione della situazione, che era personale per Paolo (“… appena avrò visto come andrà a finire la mia situazione” - Filippesi 2:23) e pubblica per Giona (“… per poter vedere quello che sarebbe successo alla città” - Giona 4:5). Osservare, considerare, valutare l’esito di un evento.

Nel nostro caso, noi dovremmo capire bene come sta la nostra situazione personale e quale sarà il suo sviluppo finale. Se abbiamo posto la nostra fede in Dio, se siamo in comunione con lui, allora possiamo guardare con totale fiducia sia al nostro stato attuale, che alla nostra meta finale. Dio, in Gesù, ci garantisce salvezza, perdono, comprensione, compassione, aiuto e ci permettere di accedere alla sua grazia in ogni momento e con grande libertà: Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno (Ebrei 4:16). Le sue promesse ci parlano della sicurezza di una vittoria finale (Giovanni 10:27-29; Romani 5:10; Colossesi 3:3-4) e non dobbiamo permettere a niente e nessuno di mettere in dubbio queste verità. Se siamo in Cristo, noi siamo al sicuro, sempre. Se siamo in Cristo stiamo bene. Punto.

Ma, abbiamo detto, le difficoltà della nostra vita potrebbero darci la sensazione di non sentirci bene. Anzi, non è una sensazione, è un vero e reale stato d’animo, che ci disturba e ostacola il nostro cammino. Arriviamo quindi alla terza e ultima citazione del nostro verbo. La troviamo nella lettera agli Ebrei dove, nel capitolo 11, ci viene fatto un lungo elenco di personaggi dell’Antico Testamento, presi come esempi di fede. Uomini e donne come noi, non eroi mitologici, che affrontarono enormi difficoltà, ma senza venire meno nella fede. Anzi, proprio quella fede è stata il motore che ha permesso loro di proseguire con perseveranza. Come una gara, una corsa da sostenere e da portare a termine fino al traguardo e oltre. Ed eccoci a Ebrei 12:1-3:

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio. Considerate perciò colui che ha sopportato una simile ostilità contro la sua persona da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate perdendovi d’animo.

Siamo in uno stadio, c’è una corsa in atto, i protagonisti di Ebrei 11 stanno osservando, sono testimoni di quella gara. Loro sono lì perché hanno finito la loro corsa e non sono quindi semplici spettatori, ma testimoni viventi di come Dio agisce nella vita degli uomini. Sono lì per essere di incitamento a noi, per dirci “guarda, ce l’ho fatta, Dio mi ha sostenuto nella mia gara e mi ha portato alla meta. Se lo ha fatto con me, che sono stato come te, con le tue stesse lotte, sofferenze e debolezze, lo farà anche con te”.

La testimonianza di coloro che ci hanno preceduto serve, secondo la volontà di Dio, per farci meditare, capire e quindi infonderci pazienza, consolazione e speranza: Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza (Romani 15:4). Dobbiamo prendere forza dall’esperienza di chi ci ha preceduto nella corsa e imitare la loro fede (Ebrei 13:7).

A questo punto siamo invitato a deporre i pesi. Se non lo facciamo la corsa sarà molto più difficoltosa, ostacolata, pesante (vedi post Getta il tuo peso!). Scarichiamoci dei fardelli inutili e lasciamoli lì, ai piedi della croce di Cristo. E poi non guardiamo più indietro, non torniamoci su. È lui che ci chiede di farlo.

Se poi abbiamo situazioni che ostacolano la comunione con Dio, svincoliamoci da esse. Tagliamo quello che c’è tagliare, senza remore né paure. Chiediamo aiuto al Signore per quei legami più stretti e più difficili da sciogliere e poi sbarazziamocene. Se è vero, ed è esperienza comune a tutti noi, che “il peccato così facilmente ci avvolge”, è altrettanto vero che con l’aiuto del suo Spirito “il peccato non avrà più potere su di voi” (Romani 6:14). Non siamo e non saremo mai soli nella gara che ci sta davanti, perché siamo “fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza, per essere sempre pazienti e perseveranti (Colossesi 1:11).

Il passo immediatamente successivo è la chiave di ogni vittoria. Lo vedremo la prossima volta.


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