Ci sono momenti, giorni in cui si vive come in apnea, nell’attesa di una risposta che potrebbe cambiare totalmente il corso della propria vita. Un tampone che ti dice se sei positivo o no al virus, ma anche e soprattutto il risultato di una biopsia per un sospetto tumore. O, più semplicemente, l’attesa dell’esito di un esame scolastico, di un colloquio di lavoro, della domanda di un finanziamento. Una risposta negativa o positiva che stabilirà cosa ne sarà della tua vita nei prossimi giorni, mesi o anni.
Ma c’è appunto un tempo, quello dell’attesa, che potrebbe, al di là del risultato che poi ci sarà, diventare un’occasione unica di riflessione e di ricerca di risposte dentro di sé. Non so quanti di voi hanno aspettato giorni o settimane prima di avere il riscontro di una biopsia o di un altro esame diagnostico che potrebbe dare un esito che sconvolgerebbe completamente la vostra vita. A me è successo, e devo dire che sono stati giorni tra i più importanti e significativi della mia vita. Dopo il primo breve periodo di smarrimento, ecco che i giorni a seguire sono stati un preziosissimo tempo di riflessione e una lezione che spero di non dimenticare mai. Ancora una volta, ma in maniera ancora più netta e decisa, ho visto quanto la fede sia stata l’elemento indispensabile e fondamentale per poter vivere con serenità quei momenti. La presenza di Dio era reale come non mai, la sua Parola mai stata così chiara e mirata. Dio stava parlando a me, con le parole giuste per me. Tra milioni e milioni di voci, il Signore si è preso cura anche dei miei pesi, delle mie paure e mi ha restituito pace e una attesa fiduciosa dell’esito, qualunque fosse stato.
Oggi vogliamo sottolineare un aspetto importante collegato con questo tipo di attesa: il silenzio. Il tempo prezioso di un’attesa fatta non di parole a raffica urlate al cielo per avere al più presto una risposta positiva o la liberazione dall’angoscia, ma di un tempo di attesa silenziosa e di ascolto: Sta' in silenzio davanti al SIGNORE, e aspettalo... (Salmi 37:7).
Stare in silenzio significa in primo luogo far tacere le altre voci. Tutto intorno a noi corre così veloce, mille voci si intrecciano, al punto che a volte ci ritroviamo a non avere il tempo nemmeno per un profondo e sincero esame di noi stessi. Questo ci priva di particolari benedizioni che nascono da un’intima comunione con Dio e spesso ci troviamo travolti dalle situazioni. Non abbiamo il tempo per permettere a noi stessi di riconoscerle e a Dio di farcele notare. Magari Dio sta parlando (e lo fa, sicuramente, ogni volta che apriamo la sua Parola), ma noi non sentiamo, non riconosciamo la sua voce o la confondiamo con altre. Come il giovane Samuele che, in un’epoca in cui “la parola del Signore era rara” a causa della distrazione e deviazione del suo popolo che era impegnato nei propri affari, non riconosce la voce di Dio e la scambia per quella di qualcun altro (1 Samuele 3:1-7).
Un vecchio e bellissimo inno intitolato Oh! Per lo Spirito parlami tu, recita nel ritornello: Ogni altra voce del mio cuor si taccia, e parla tu Signor. Dobbiamo far tacere altre voci per imparare sempre più a riconoscere e ascoltare quella di Dio. E più la Parola di Dio non è una cosa rara nella nostra vita, più sapremo riconoscerla tra mille altre voci, che impareremo anche a zittire quando Dio ci sta parlando.
Stare in silenzio significa quindi anche ascoltare. Talvolta però ci sembra che Dio sia muto, che non risponda ai nostri richiami. Dobbiamo in quel caso chiederci che cosa significa il silenzio di Dio, rimanendo in silenzio. Il Signore può parlare anche quando sta zitto, perché vuole attirare la nostra attenzione.
L'esempio d'Israele ci porta a riflettere sul valore del silenzio e dell’ascolto. Israele ha vissuto vari momenti di allontanamento da Dio, dimenticando colui che lo sosteneva e che gli dava ciò di cui aveva bisogno. Ecco che allora era Dio stesso a intervenire: Perciò, ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Osea 2:14). Dio invita, anzi spinge il suo popolo a venire nel deserto. Il deserto è sempre stato un luogo particolare nel piano di Dio. È lì che darà la sua legge; è lì che terrà il suo popolo per quarant’anni affinché riflettesse sul suo comportamento; è sempre lì che consolerà Elia in un momento di grande depressione (vedi post Mettere la testa fuori); nel deserto farà preparare la via a Gesù da Giovanni Battista; lì Gesù combatterà e vincerà le tentazioni di Satana.
Il deserto è un luogo di silenzio, anzi è il luogo del silenzio per eccellenza. Eppure nel deserto Dio ha parlato al suo popolo in maniera del tutto particolare, ha parlato al suo cuore.
Se stiamo aspettando una risposta importante, che potrebbe anche in qualche modo cambiare la nostra vita, proviamo a far tacere le tante voci attorno a noi, aspettiamo con silenziosa fiducia e pazienza la risposta di Dio (vedi anche post La pazienza nell'attesa).
Il Signore ha ancora tanto da dirci, da insegnarci, anche oggi. Ha tante risposte pronte alle nostre domande. Quindi facciamo come Samuele dopo che il sacerdote Eli lo aveva esortato a riconoscere la voce di Dio: Il SIGNORE venne, si fermò accanto a lui e chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!» E Samuele rispose: «Parla, poiché il tuo servo ascolta» (1 Samuele 3:10). Se ci aspettiamo veramente che il Signore interverrà nella nostra vita, per parlarci, istruirci, guidarci, questo avverrà. E parlerà al nostro cuore.
È bene aspettare in silenzio la salvezza del SIGNORE (Lamentazioni 3:26); Ho pazientemente aspettato il SIGNORE ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido (Salmo 40:1). Anche se è un grido silenzioso.
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